Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Udienza ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali, 18.02.2022


Discorso del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua araba

Questa mattina il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali. Prima dell’intervento del Papa, l’Em.mo Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione, ha pronunciato un indirizzo di saluto al Santo Padre, rivolgendo il suo pensiero al popolo ucraino.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’incontro:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Cardinale Sandri per le parole di saluto e di introduzione; e ringrazio ciascuno di voi per la presenza, specialmente chi viene da lontano.

Questa mattina avete pregato dinanzi alla Confessione dell’Apostolo Pietro, rinnovando insieme la professione di fede: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Lo stesso gesto che abbiamo compiuto prima della Messa di inizio del pontificato, per manifestare, come diceva il Papa Benedetto XV, che «nella Chiesa di Gesù Cristo, la quale non è né latina, né greca, né slava, ma cattolicanon esiste alcuna discriminazione tra i suoi figli e che tutti, latini, greci, slavi e di altre nazionalità hanno la medesima importanza» (Enc. Dei Providentis, 1 maggio 1917). Proprio a lui, che è il fondatore della Congregazione per le Chiese Orientali e del Pontificio Istituto Orientale, va la nostra memoria riconoscente, a cento anni dalla sua morte. Egli denunciò l’inciviltà della guerra quale “inutile strage”. Il suo monito rimase inascoltato dai Capi delle Nazioni impegnate nel primo conflitto mondiale. Come inascoltato è stato l’appello di San Giovanni Paolo II per scongiurare il conflitto in Iraq.

Come in questo momento, in cui ci sono tante guerre dappertutto, questo appello sia dei Papi sia degli uomini e donne di buona volontà è inascoltato. Sembra che il premio più grande per la pace si dovrebbe dare alle guerre: una contraddizione! Siamo attaccati alle guerre, e questo è tragico. L’umanità, che si vanta di andare avanti nella scienza, nel pensiero, in tante cose belle, va indietro nel tessere la pace. È campione nel fare la guerra. E questo ci fa vergognare tutti. Dobbiamo pregare e chiedere perdono per questo atteggiamento.

Abbiamo sperato che non ci sarebbe stato bisogno di ripetere parole simili nel terzo millennio; eppure l’umanità sembra ancora brancolare nelle tenebre: abbiamo assistito alle stragi dei conflitti in Medio Oriente, in Siria e Iraq; a quelle nella regione etiopica del Tigrai; e venti minacciosi soffiano ancora nelle steppe dell’Europa Orientale, accendendo le micce e i fuochi delle armi e lasciando gelidi i cuori dei poveri e degli innocenti, questi non contano. E intanto continua il dramma del Libano, che ormai lascia tante persone senza pane; giovani e adulti hanno perso la speranza e lasciano quelle terre. Eppure esse sono la madre-patria delle Chiese Cattoliche Orientali: là si sono sviluppate custodendo tradizioni millenarie, e molti di voi, Membri del Dicastero, ne siete i figli e gli eredi.

Il vostro quotidiano è dunque come un impasto della polvere preziosa dell’oro del vostro passato e della testimonianza di fede eroica di molti nel presente, insieme però al fango delle miserie di cui siamo anche responsabili e del dolore che vi viene provocato da forze esterne. O ancora siete semi posti sugli steli e sui rami delle piante secolari, trasportati dal vento fino ad impensabili confini: i cattolici orientali ormai da decenni abitano continenti lontani, hanno solcato mari e oceani e attraversato pianure. Sono già costituite eparchie in Canada, negli Stati Uniti, in America Latina, in Europa, in Oceania, e molti altri sono affidati almeno per il momento ai Vescovi latini che coordinano l’azione pastorale attraverso i sacerdoti inviati secondo le corrette procedure dai rispettivi Capi di Chiesa, Patriarchi, Arcivescovi Maggiori o Metropoliti sui iuris.

Per questo i vostri lavori hanno trattato dell’evangelizzazione, che costituisce l’identità della Chiesa in ogni sua parte, anzi, la vocazione di ogni battezzato. E per la missione dobbiamo porci maggiormente in ascolto della ricchezza delle diverse tradizioni. Penso ad esempio all’itinerario del catecumenato degli adulti, che prevede la celebrazione dei Sacramenti dell’iniziazione cristiana in forma unitaria: una consuetudine che nelle Chiese Orientali è custodita e praticata anche per i fanciulli. In entrambi i percorsi si intuisce l’importanza di una sapiente catechesi mistagogica, che accompagni i battezzati di ogni età a una matura e gioiosa appartenenza alla comunità cristiana. Nella Chiesa latina ci manca questa catechesi mistagogica. Su questa strada sono preziose le diverse ministerialità nella Chiesa, come pure l’armonia nei rapporti con i religiosi e le religiose che operano secondo il carisma proprio anche nei vostri contesti. Su tutti questi aspetti vi siete soffermati in questi giorni.

C’è un’esperienza in cui la “creta” della nostra umanità si lascia plasmare, non dalle opinioni mutevoli o dalle pur necessarie analisi sociologiche, ma dalla Parola e dallo Spirito del Risorto. Questa esperienza è la liturgia. E questo ci fa pensare anche al cammino sinodale, anzi, al percorso sinodale. Il percorso sinodale non è un parlamento, non è un dirci le opinioni diverse e poi fare una sintesi o una votazione, no. Il percorso sinodale è camminare insieme sotto la guida dello Spirito Santo, e voi, nelle vostre Chiese, avete dei Sinodi, antiche tradizioni sinodali, e siete testimoni di questo. C’è lo Spirito, nella sinodalità, e quando non c’è lo Spirito c’è soltanto un parlamento o un sondaggio d’opinione, ma non il Sinodo.

Questa esperienza – dicevo – è il cielo sulla terra, e questo si dà nella liturgia, come soprattutto l’Oriente ama ripetere. Ma la bellezza dei riti orientali è ben lungi dal costituire un’oasi di evasione o di conservazione. L’assemblea liturgica si riconosce tale non perché si convoca da sé stessa, ma perché ascolta la voce di un Altro, restando rivolta a Lui, e proprio per questo sente l’urgenza di andare verso il fratello e la sorella portando l’annuncio di Cristo. Anche quelle tradizioni che custodiscono l’uso dell’iconostasi, con la porta regale, oppure il velo che nasconde il santuario in alcuni momenti del rito, ci insegnano che tali elementi architettonici o rituali non trasmettono l’idea della distanza di Dio, ma al contrario esaltano il mistero di condiscendenza – di syncatabasi – nel quale il Verbo è venuto e viene nel mondo.

Il Convegno Liturgico per i 25 anni dell’Istruzione sull’applicazione delle prescrizioni liturgiche del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali è un’opportunità per conoscersi all’interno delle commissioni liturgiche delle diverse Chiese sui iuris; è un invito a camminare insieme al Dicastero e ai suoi Consultori, secondo la via indicata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. In tale cammino fa molto bene che ciascuna componente dell’unica e sinfonica Chiesa Cattolica si mantenga sempre in ascolto delle altre tradizioni, dei loro itinerari di ricerca e di riforma, custodendo però ciascuna la propria originalità. La fedeltà alla propria originalità è ciò che fa la ricchezza sinfonica delle Chiese orientali. Ci si può interrogare, per esempio, sulla possibile introduzione di edizioni della liturgia nelle lingue dei Paesi ove i propri fedeli si sono diffusi, ma sulla forma della celebrazione è necessario che si viva l’unità secondo quanto è stabilito dai Sinodi e approvato dalla Sede Apostolica, evitando particolarismi liturgici che, in realtà, manifestano divisioni di altro genere in seno alle rispettive Chiese. Inoltre, non dimentichiamo che i fratelli delle Chiese Ortodosse e Ortodosse Orientali ci guardano: anche se non possiamo sederci alla stessa mensa eucaristica, tuttavia quasi sempre celebriamo e preghiamo i medesimi testi liturgici. Stiamo attenti, pertanto, a sperimentazioni che possono nuocere al cammino verso l’unità visibile di tutti i discepoli di Cristo. Il mondo ha bisogno della testimonianza della comunione: se diamo scandalo con le dispute liturgiche – e purtroppo recentemente ce ne sono state alcune –, facciamo il gioco di colui che è maestro della divisione.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il vostro lavoro di questi giorni. Vi sono sempre vicino nella preghiera. Portate ai vostri fedeli il mio incoraggiamento e la mia benedizione. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.

[00245-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Chers frères et sœurs, bonjour et bienvenue !

Je remercie le Cardinal Sandri pour ses paroles de salutation et d’introduction; et je remercie chacun d’entre vous pour sa présence, en particulier ceux qui viennent de loin.

Vous avez prié ce matin devant la Confession de l’Apôtre Pierre, en renouvelant ensemble la profession de foi : “Tu es le Christ, le Fils du Dieu vivant”. C’est le même geste que nous avons accompli avant la Messe du début de mon pontificat, pour manifester, comme le disait le Pape Benoît XV, que « dans l’Église de Jésus-Christ, qui n’est ni latine, ni grecque, ni slave, mais catholique, il n’y a aucune discrimination entre ses enfants et que tous, latins, grecs, slaves et autres nationalités ont la même importance » (Enc. Dei Providentis, 1er mai 1917). C’est précisément vers lui, qui est le fondateur de la Congrégation pour les Églises Orientales et de l’Institut Pontifical Oriental, que se tourne notre mémoire reconnaissante, cent ans après sa mort. Il dénonça la barbarie de la guerre comme un “massacre inutile”. Son avertissement est resté sans réponse pour les chefs des nations engagées dans la première guerre mondiale. Tout comme l’appel de saint Jean-Paul II n’a pas été écouté pour éviter la guerre en Irak.

Tout comme en ce moment, où il y a tant de guerres partout, cet appel des Papes et des hommes et femmes de bonne volonté n’est pas entendu.Il semble que le plus grand prix pour la paix devrait être décerné pour les guerres: une contradiction !Nous sommes attachés aux guerres, et c’est tragique.L’humanité, qui se vante de progresser dans la science, dans la pensée, dans tant de belles choses, régresse dans la construction de la paix.Elle est championne pour faire la guerre. Et cela nous fait honte à tous. Nous devons prier et demander pardon pour cette attitude.

Nous espérions qu’il n’y aurait pas besoin de répéter de telles paroles au troisième millénaire ; pourtant, l’humanité semble encore tâtonner dans les ténèbres : nous avons assisté aux massacres des conflits au Moyen-Orient, en Syrie et en Irak ; à ceux dans la région éthiopienne du Tigré ; et des vents menaçants soufflent encore dans les steppes de l’Europe de l’Est, allumant les mèches et les feux des armes et laissant glacés les cœurs des pauvres et des innocents, ceux qui ne comptent pour rien. Pendant ce temps, le drame du Liban se poursuit, laissant désormais tant de personnes sans pain; jeunes et adultes ont perdu l’espoir et quittent ces terres. Et pourtant, elles sont la mère-patrie des Églises Catholiques Orientales: c’est là qu’elles se sont développées, en préservant des traditions millénaires. Beaucoup d’entre vous, membres du Dicastère, en êtes les fils et les héritiers.

Votre quotidien est donc comme un mélange formé par la poussière précieuse de l’or de votre passé, le témoignage de foi héroïque de beaucoup dans le présent, avec aussi la boue des misères dont nous sommes également responsables, et la douleur qui vous est causée par des forces extérieures. Vous êtes des graines posées sur les tiges et les branches de plantes séculaires, transportées par le vent jusqu’à des frontières impensables : les catholiques orientaux habitent désormais depuis des décennies des continents lointains, ils ont sillonné des mers et des océans et traversé des plaines. Des éparchies sont déjà constituées au Canada, aux États-Unis, en Amérique Latine, en Europe, en Océanie, et beaucoup d’autres sont confiés, au moins pour le moment, aux Évêques latins qui coordonnent l’action pastorale à l’aide des prêtres envoyés dans le respect des procédures par leurs Chefs d’Eglise respectifs, Patriarches, Archevêques Majeurs ou Métropolites sui iuris.

C’est pourquoi vos travaux ont traité de l’évangélisation, qui constitue l’identité de l’Église en chacune de ses parties, et même la vocation de chaque baptisé. Pour la mission, nous devons nous mettre davantage à l’écoute de la richesse des différentes traditions. Je pense par exemple à l’itinéraire du catéchuménat des adultes, qui prévoit la célébration des sacrements de l’initiation chrétienne sous une forme unitaire : une coutume qui, dans les Églises orientales, est conservée et pratiquée également pour les enfants. Dans les deux parcours, on perçoit l’importance d’une sage catéchèse mystagogique, qui accompagne les baptisés de tous âges vers une appartenance mûre et joyeuse à la communauté chrétienne. Dans l’Église latine, cette catéchèse mystagogique nous manque. Sur ce chemin, les différents ministères dans l’Église sont précieux, de même que les rapports harmonieux avec les religieux et les religieuses qui œuvrent selon leur charisme propre dans vos milieux. Vous vous êtes attardés ces jours-ci sur tous ces aspects.

Il est une expérience dans laquelle “l’argile” de notre humanité se laisse modeler, non par les opinions changeantes ou par les analyses sociologiques pourtant nécessaires, mais par la Parole et l’Esprit du Ressuscité. Cette expérience est la liturgie. Et ceci nous fait penser aussi au chemin synodal, ou mieux, au parcours synodal. Le parcours synodal n’est pas un parlement, il ne s’agit pas de nous dire les différentes opinions pour ensuite faire une synthèse ou un vote, non. Le parcours synodal, c’est marcher ensemble sous la conduite de l’Esprit Saint; vous, dans vos Églises, vous avez des Synodes, d’anciennes traditions synodales, et vous êtes témoins de cela. Dans la synodalité, il y a l’Esprit, et quand l’Esprit n’y est pas, il n’y a qu’un parlement ou un sondage d’opinion, mais pas le Synode. Cette expérience – disais-je – est le ciel sur la terre, et cela se donne dans la liturgie, comme surtout l’Orient aime à le redire. Mais la beauté des rites orientaux constitue bien plus qu’une oasis d’évasion ou de conservation. L’assemblée liturgique se reconnaît telle non pas parce qu’elle se convoque elle-même, mais parce qu’elle écoute la voix d’un Autre, en restant tournée vers Lui, et c’est précisément pour cela qu’elle ressent l’urgence d’aller vers le frère et la sœur en portant l’annonce du Christ. Ainsi, les traditions qui gardent l’usage de l’iconostase, avec la porte royale, ou le voile qui cache le sanctuaire à certains moments du rite, nous enseignent que ces éléments architecturaux ou rituels ne transmettent pas l’idée de la distance de Dieu, mais au contraire, exaltent le mystère de condescendance – de syncatabasis – par lequel le Verbe est venu et vient encore dans le monde.

Le Congrès liturgique pour les 25 ans de l’Instruction sur l’application des prescriptions liturgiques du Code des Canons des Églises Orientales est l’occasion de mieux se connaître parmi les commissions liturgiques des différentes Églises sui iuris ; c’est une invitation à marcher ensemble avec le Dicastère et ses Consulteurs, selon la voie indiquée par le Concile Œcuménique Vatican II. Sur ce chemin, il est bon que chaque composante de l’unique et symphonique Église catholique se maintienne toujours à l’écoute des autres traditions, de leurs itinéraires de recherche et de réforme, tout en gardant chacune sa propre originalité. La fidélité à son originalité propre est ce qui fait la richesse symphonique des Églises orientales. On peut s’interroger, par exemple, sur la possible introduction d’éditions de la liturgie dans les langues des pays où les fidèles se sont répandus; mais sur la forme de la célébration, il est nécessaire de vivre l’unité selon ce qui est établi par les Synodes et approuvé par le Siège Apostolique, en évitant des particularismes liturgiques qui, en réalité, manifestent d’autres divisions au sein des Églises respectives. En outre, n’oublions pas que les frères des Églises Orthodoxes et Orthodoxes Orientales nous regardent : même si nous ne pouvons pas nous asseoir à la même table eucharistique, nous célébrons et prions cependant presque toujours les mêmes textes liturgiques. Soyons donc attentifs à des expérimentations qui peuvent nuire au cheminement vers l’unité visible de tous les disciples du Christ. Le monde a besoin du témoignage de la communion : si nous faisons scandale avec les querelles liturgiques - et malheureusement, il y en a eu quelques-unes récemment – nous faisons le jeu de celui qui est maître de la division.

Chers frères et sœurs, je vous remercie pour votre travail de ces jours-ci. Je suis toujours proche de vous dans la prière. Apportez à vos fidèles mes encouragements et ma bénédiction. Et, s’il vous plaît, n’oubliez pas de prier pour moi. Merci.

[00245-FR.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

Dear brothers and sisters, good morning and welcome!

I thank Cardinal Sandri for his kind greeting and introduction, and I thank each of you, especially those who have arrived from a great distance, for your presence here.

This morning you prayed before the Tomb of the Apostle Peter, renewing together his profession of faith: “You are the Christ, the Son of the living God”. We did the same thing before the Mass for the inauguration of the pontificate, in order to manifest, as Pope Benedict XV declared, that “in the Church of Jesus Christ, which is neither Latin, nor Greek, nor Slav, but Catholic, no discrimination exists between her children; all, Latins, Greeks, Slavs and other nationalities have the same importance” (Motu Proprio Dei Providentis, 1 May 1917). In this year that marks the centenary of his death, our grateful remembrance goes to Benedict XV, who established the Congregation for the Eastern Churches and the Pontifical Oriental Institute. He condemned the brutality of war as a “useless slaughter”. His warning went unheard by the heads of the nations engaged in the First World War. As did the plea of Saint John Paul II to avoid the conflict in Iraq.

In this moment, there are numerous wars going on everywhere but like in the past, the warnings of both Popes and men and women of good will are unheard. It seems that the highest award for peace should be given to the wars: it is such a contradiction. We have an attachment to war and this is tragic. Humanity is proud of its advancement in science and thought, in many beautiful things, but it is going backward in bringing about peace. It is the champion in making war. This should make us all feel shameful. We need to pray and ask pardon for this attitude.

We had hoped that there would have been no need to repeat such statements in the third millennium, yet humanity seems still to be groping in the darkness. We have witnessed the slaughter resulting from conflicts in the Middle East, in Syria and Iraq, and those in the Ethiopian region of the Tigray. Threatening winds continue to blow in the steppes of Eastern Europe, lighting fuses and firing weapons, and turning to ice the hearts of the poor and the innocent, they do not matter. Meanwhile, the tragedy of Lebanon continues, leaving so many people without their daily bread; young people and adults have lost hope and are leaving those lands. Yet those lands are the motherland of the Eastern Catholic Churches: there they developed, preserving age-old traditions, and many of you, the members of the Dicastery, are their children and heirs.

Your daily existence is thus like a blend of the precious gold dust of your past and the witness of heroic faith of many in the present, together with the mire of the misery for which we too are responsible and the pain visited upon you by external forces. Again, you are seeds on the stalks and the branches of age-old plants, transported by the wind to unimaginably distant places. Eastern Catholics have lived for decades now on distant continents, having sailed oceans and seas, and crossed vast plains. Eparchies have already been established in Canada and the United States, in Latin America, in Europe and Oceania, while many others are entrusted, at least for the time being, to Latin bishops who coordinate their pastoral activity through priests sent in accordance with the correct procedures by their respective Heads of Churches, Patriarchs, Major Archbishops or sui iuris Metropolitans.

For this reason, your sessions have dealt with evangelization, which constitutes the identity of the Church everywhere and, indeed, the vocation of each baptized person. For the sake of mission, we must pay close heed to the richness of the different traditions. I think, for example, of the process of the adult catechumenate, which provides for the celebration of the sacraments of Christian initiation in a unitary form; a custom that the Eastern Churches have preserved in practice also for children. In both processes, we can easily see the importance of a skilled mystagogical catechesis, capable of accompanying the baptized of all ages to a mature and joyful membership in the Christian community. Mystagogical catechesis is lacking in the Latin Church. Precious in this are the different forms of ministry in the Church, as well as the harmonious relationships with the men and women religious who operate in accordance with their proper charism also in your own contexts. In these days you have been dealing with these aspects.

There is one experience in which the “clay” of our humanity lets itself be molded, not by changing opinions or the sociological analyses, however necessary, but by the word of God and the Spirit of the Risen Lord. That experience is the liturgy. It makes us think of the synodalway, or rather, of the synodal process. The synodal process is not a parliament or about offering different opinions and then proceeding to a synthesis or a vote, no. The synodal process is walking together under the guidance of the Holy Spirit, and you, who have Synods and ancient synodal traditions in your Churches, are witnesses to this reality. The Spirit is present in synodality and when the Spirit is not present, there is only a parliament or an opinion poll. This experience, as I was saying, is heaven on earth, and it is given to us in the liturgy, as the Eastern tradition loves to repeat. Yet the beauty of the Eastern rites is much more that simply an oasis of escape or of conservation. The liturgical assembly recognizes itself as such, not because it was called together of its own accord, but because it hears the voice of Another, is constantly turned towards him, and, precisely for this reason, feels the urgent need to go forth towards our brothers and sisters, and to bring them the message of Christ. Even those traditions that preserve the use of the iconostasis, with the royal door, or the veil that conceals the sanctuary at some moments in the rite, teach us that these are architectural or ritual elements that speak not of distance from God, but rather heighten the mystery of the “condescension” – of the synkatabasis - by which the Word came and continues to come to the world.

The Liturgical Congress marking the twenty-fifth anniversary of the Instruction on the application of the liturgical prescriptions of the Code of Canons of the Eastern Churches is an opportunity to know one another within the liturgical commissions of the different sui iuris Churches. It is an invitation to journey together with the Dicastery and its consultors, following the path indicated by the Second Vatican Ecumenical Council. On that path, it is most helpful that each part of the one and “symphonic” Catholic Church always listen attentively to the other traditions, their itineraries of research and of reform, while preserving its own uniqueness. Fidelity to uniqueness is what creates the “symphonic” richness of the Eastern Churches. One can discuss, for example, the possibility of introducing editions of the liturgy in the languages of the countries where their faithful are found, but where the form of the celebration is concerned, it is necessary that unity be experienced in accordance with what has been laid down by the Synods and approved by the Apostolic See, avoiding liturgical particularisms that in reality manifest divisions of another kind within the respective Churches. Furthermore, let us not forget that our brothers and sisters of the Orthodox and Oriental Orthodox Churches are watching us: even if we cannot sit at the same Eucharistic table, nonetheless we almost always celebrate and pray the same liturgical texts. Let us be attentive therefore to forms of experimentation that can harm the journey towards visible unity of all Christ’s disciples. The world needs the witness of our communion. If we give scandal by our liturgical disputes, and unfortunately there have been some recently, we play the game of the master of division.

Dear brothers and sisters, I thank you for your work these days. I am constantly close to you in my prayers. Bring to your faithful my encouragement and my blessing. And please, do not forget to pray for me. Thank you.

[00245-EN.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua araba

كلمة قداسة البابا فرنسيس

للمشاركين في الجلسة العامة

لمجمع الكنائس الشرقيّة

الجمعة 18 شباط / فبراير 2022

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، صباح الخير وأهلًا وسهلًا!

أشكّر الكاردينال ساندري على كلمات التحية والتقديم. وأشكّر كلّ واحد منكم لحضوره، خاصة الذين أتوا من بعيد.

صلّيتم هذا الصباح أمام ضريح بطرس الرسول، وجدّدتم معًا الاعتراف بالإيمان وقلتم: ”أنت المسيح، ابن الله الحيّ“. وهو العمل الذي قمنا به قبل القداس في بداية حبريتي البابوية، لنظهر، كما قال البابا بنديكتس الخامس عشر، أنّ "كنيسة يسوع المسيح، ليست لاتينية ولا يونانية ولا سلافية، بل هي كاثوليكية، ولا تمييز بين أبنائها وأنّ جميع اللاتين واليونانيين والسلافيّين، والجنسيات الأخرى لهم نفس الأهمية" (رسالة عامة بابوية، العناية الإلهية، 1 أيار/مايو 1917). وبالتحدّيد هو، الذي كان مؤسس مجمع الكنائس الشرقيّة والمعهد البابوي الشرقي، نتذكّره بشكر، بعد مائة عام من وفاته. لقد استنكر وحشيّة الحرب ووصفها بأنّها ”مذبحة عديمة الجدوى“. بقي تنبيهه غير مسموع من قبل رؤساء الدول المشاركة في الحرب العالميّة الأولى. كما بقي نداء القديس يوحنا بولس الثاني غير مسموع لتجنّب الصّراع في العراق.

كما هو الحال في هذه اللحظة، حيث هناك الكثير من الحروب في كلّ مكان، ونداء كلّ الباباوات والرجال والنساء ذوي النوايا الحسنة ما زال غير مسموع. يبدو أنّ أكبر جائزة للسّلام يجب أن تُعطى للحروب: تناقض! نحن متمسِّكون بالحروب وهذا أمر مأساوي. الإنسانيّة، التي تفتخر بالمضي قدمًا في العِلم، وفي الفكر، في العديد من الأمور الجميلة، تتراجع في نسج السّلام. البطل هو من يصنع الحرب. وهذا يجعلنا جميعًا نشعر بالخجل. علينا أن نصلّي ونطلب المغفرة لهذا الموقف.

كنا نأمل ألّا تكون هناك حاجة لتكرار كلمات مماثلة في الألفيّة الثالثة، ومع ذلك لا تزال البشريّة تبدو وكأنّها تتلمس طريقها في الظلام: لقد شهدنا مذابح الصراعات في الشرق الأوسط وسوريا والعراق، والذين يعيشون في منطقة تيغراي الإثيوبية، وهناك رياح مهددة ما زالت تهب على سهوب أوروبا الشرقية، وتشعل فتيل ونيران السلاح، وتترك قلوب الفقراء والأبرياء شديدة البرد- لكن هؤلاء لا يُحسَب لهم حساب. وفي هذه الأثناء تستمر مأساة لبنان التي تترك الآن الناس الكثيرين بلا خبز، الشباب والكبار فقدوا الأمل وغادروا تلك الأراضي. ومع ذلك، هذه الأراضي هي البلد الأم للكنائس الشرقيّة الكاثوليكيّة: فقد نمت هناك تقاليد ألفية، وتمّ الحفاظ عليها، والعديد منكم، أعضاء هذه الدائرة الكنسيّة، أنتم أبناء هذه الأراضي وورثتها.

لذلك فإنّ حياتكم اليومية تشبه مزيجًا من غبار الذهب الثمين الذي هو ماضيكم ومن شهادة الإيمان البطولي للكثيرين في الوقت الحاضر، جنبًا إلى جنب مع هوان البؤس الذي نتحمل مسؤوليته أيضًا والألم الذي يتسبّب لكم من قبل القوى الخارجية. مرة أخرى، أنتم بذور موضوعة على سيقان وأغصان نباتات عمرها قرون، تحملها الرياح إلى حدود لا يمكن تصورها: عاش الكاثوليك الشرقيون في قارات بعيدة منذ عقود، وقد عبروا البحار والمحيطات وعبروا السهول. وقد أُنشئت الأبرشيات في كندا والولايات المتحدة وأمريكا اللاتينيّة وأوروبا ومناطق المحيط الأطلسي، والعديد من الأبرشيات الأخرى، وعُهد بها، على الأقل في الوقت الحالي، إلى الأساقفة اللاتين الذين ينسقون العمل الرعوي من خلال الكهنة المرسلين وفقًا للإجراءات الصحيحة من قبل رؤسائهم الكنسيّين، البطاركة أو الأساقفة الأعلَيْن أو المتروبوليت ذوي الحقّ الخاص.

لهذا السبب تناولت أعمالكم موضوع البشارة، التي تكوِّن هوية الكنيسة في جميع أجزائها، بل هي دعوة كلّ معمَّد. ومن أجل الرسالة يجب أن نزداد إصغاء إلى غنى التقاليد المختلفة. أفكّر، مثلًا، في مسيرة الموعوظية للبالغين، التي تنّص على الاحتفال بأسرار التنشئة المسيحية المقدسة في شكل موحد: وهي عادة حافظت عليها ومارستها أيضًا الكنائس الشرقيّة للأطفال. في كِلا المسارين، تُرَى أهمية كرازة أسرارية حكيمة التي يجب أن ترافق المعمدين في كلّ عمر من أجل انتماء ناضج وفرِح إلى الجماعة المسيحية. في الكنيسة اللاتينية، نفتقر إلى هذا التّعليم الأسراري. على هذا الطريق، الخدمات المختلفة في الكنيسة ثمينة، وكذلك الانسجام في العلاقات مع الرهبان والراهبات الذين يعملون وفقًا لمواهبهم المناسبة حتى في إطار كنائسكم أيضًا. لقد ركّزتم على كلّ هذه الجوانب في هذه الأيام.

هناك خبرة تمَكِّنُ ”جِبلَةَ“ إنسانيّتِنا من أن تتكوَّن، وذلك ليس بالآراء المتقلبة، ولا بالتحليلات الاجتماعية الضرورية، بل بكلمة الله وبروح المسيح القائم من بين الأموات. هذه الخبرة هي الليتورجيا. وهذا أيضًا يجعلنا نفكّر في السير معًا في السينودس، بل في المسار السينودي. المسار السينودي ليس برلمانًا، لنقولَ بعضُنا لبعضنا آراء مختلفة، ثم نلخِّص ونصوِّت. لا. المسار السينودي هو السير معًا تحت إرشاد الرّوح القدّس، وأنتم، في كنائسكم، لديكم سينودسات، وتقاليد سينودية قديمة، وأنتم شهود على ذلك. في المسار السينودي، يوجد الرّوح. وعندما لا يوجد الرّوح، فهناك برلمان أو استطلاع رأي، لكن ليس سينودس. هذه الخبرة - قلتُ - هي السماء على الأرض، وهذا يقال في الليتورجيا، كما يحبّ الشرق أن يكرّر. لكن جمال الطقوس الشرقية بعيد كلّ البعد عن كونِه واحة للهروب أو للمحافظة. الجماعة الليتورجية تُعرَفُ ليس لأنّها تدعو نفسها إلى الاجتماع، بل لأنها تستمع إلى صوتِ آخر يدعوها، هو الله، وتبقى الجماعة متوجهة إليه، ولهذا السبب بالتحدّيد تشعر بالحاجة الملحة إلى أن تذهب إلى الأخ والأخت لتحمل لهما بشرى المسيح. حتى تلك التقاليد التي تحافظ على استخدام الأيقونسطاس، مع الباب الملكي، أو الحجاب الذي يخفي الهيكل المقدس في بعض لحظات الطقوس، تعلّمنا أن هذه العناصر المعمارية أو الطقسية لا تحمل فكرة بُعدِ الله، بل على العكس، إنّها تمجّد سرّ التنازل (syncatabasi) الذي فيه جاء الكلمة، وجاء إلى العالم.

المؤتمر الليتورجي، للاحتفال بالذكرى الخامسة والعشرين للتعليم في تطبيق التعليمات الليتورجية لمجموعة قوانين الكنائس الشرقيّة، هو فرصة للتعرّف بعضُنا على بعض داخل اللجان الليتورجية لمختلف الكنائس ذات القانون الخاص، إنّها دعوة إلى السير مع رئيس هذه الدائرة الكنسية (Dicastero) ومستشاريه، حسب المسار الذي حدّده المجمع الفاتيكاني الثاني المسكوني. في هذه المسيرة، من المفيد أن يبقى كلّ مكوِّنٍ للسيمفونية الواحدة في الكنيسة الكاثوليكية دائمًا في حالة إصغاء إلى التقاليد الأخرى، وإلى أبحاثهم وإصلاحاتهم، وفي الوقت نفسه يحافظ كلّ واحد على أصالته. الأمانة للأصالة هو ما يكوِّن غنى الكنائس الشرقية السمفوني. على سبيل المثال، يمكننا أن نسأل أنفسنا عن إمكانية إدخال طبعات ليتورجية بلغات البلدان التي انتشر فيها المؤمنون، ولكن في الاحتفال من الضروري أن نعيش الوَحدة وفقًا لما أقرته السينودُسات والموافق عليها من قبل الكرسي الرسولي، وتجنب الخصوصيات الليتورجية التي تُظهر في الواقع انقسامات من نوع آخر داخل الكنائس المعنية. علاوة على ذلك، لا ننس أنّ الإخوة من الكنائس الأرثوذكسيّة والأرثوذكسيّة الشرقيّة ينظرون إلينا: حتى لو لم نتمكّن من الجلوس على نفس المائدة الإفخارستيّة، فإنّنا نحتفل دائمًا ونصلّي بنفس النصوص الليتورجيّة. لذلك لنتنبّه إلى التجارب التي يمكن أن تضر بالمسيرة نحو الوَحدة المرئيّة لجميع تلاميذ المسيح. يحتاج العالم إلى شهادة الشركة: إن قدمنا الشكوك والعثرات بالنزاعات الليتورجيّة - وللأسف كان هناك بعض منها مؤخرًا -، فإنّنا ندخل في لعبة من هو معلّم الانقسام (أي الشيطان).

أيّها الإخوة والأخوات الأعزّاء، أشكّركم على عملكم في هذه الأيام. أنا دائمًا قريب منكم في الصّلاة. بلِّغوا تشجيعي وبركتي إلى مؤمنيكم. ومن فضلكم لا تنسَوا أن تصلّوا من أجلي. شكرًا.

[00245-AR.01] [Testo originale: Italiano]

[B0120-XX.02]