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Santa Messa nella Domenica della Divina Misericordia, 24.04.2022


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 10 di questa mattina, II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, nella Basilica di San Pietro, ha avuto luogo la Celebrazione Eucaristica alla presenza del Santo Padre Francesco.

La Santa Messa è stata presieduta da S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Oggi il Signore risorto appare ai discepoli e a loro, che l’avevano abbandonato, offre la sua misericordia, mostrando le sue piaghe. Le parole che rivolge loro sono ritmate da un saluto, che compare nel Vangelo odierno ben tre volte: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Pace a voi! È il saluto del Risorto, che viene incontro a ogni debolezza e sbaglio umano. Seguiamo allora i tre pace a voi! di Gesù: vi scopriremo tre azioni della divina misericordia in noi. Essa anzitutto dà gioia; poi suscita il perdono; infine consola nella fatica.

1. In primo luogo la misericordia di Dio dà gioia, una gioia speciale, la gioia di sentirsi perdonati gratuitamente. Quando la sera di Pasqua i discepoli vedono Gesù e si sentono dire per la prima volta pace a voi!, gioiscono (cfr v. 20). Erano chiusi in casa per la paura; ma erano anche chiusi in sé stessi, abbattuti da un senso di fallimento. Erano discepoli che avevano abbandonato il Maestro: al momento del suo arresto, si erano dati alla fuga. Pietro lo aveva addirittura rinnegato tre volte e uno del loro gruppo – uno di loro, proprio! – era stato il traditore. C’erano motivi per sentirsi non soltanto impauriti, ma falliti, gente da niente. In passato, certo, avevano fatto scelte coraggiose, avevano seguito il Maestro con entusiasmo, impegno e generosità, ma alla fine tutto era precipitato; la paura aveva prevalso e avevano commesso il grande peccato: lasciare solo Gesù nel momento più tragico. Prima della Pasqua pensavano di essere fatti per grandi cose, discutevano su chi fosse il più grande tra di loro e così via… Ora si trovano proprio a toccare il fondo.

In questo clima arriva il primo pace a voi!. I discepoli avrebbero dovuto provare vergogna, e invece gioiscono. Chi li capisce… Perché? Perché quel volto, quel saluto, quelle parole spostano la loro attenzione da sé stessi a Gesù. Infatti «i discepoli gioirono – precisa il testo – al vedere il Signore» (v. 20). Vengono distolti da sé stessi e dai propri fallimenti e attirati dai suoi occhi, dove non c’è severità, ma misericordia. Cristo non recrimina sul passato, ma dona loro la benevolenza di sempre. E ciò li rianima, infonde nei loro cuori la pace perduta, li rende uomini nuovi, purificati da un perdono donato senza calcoli, un perdono donato senza meriti.

Questa è la gioia di Gesù, la gioia che abbiamo provato anche noi sperimentando il suo perdono. Ci è capitato di assomigliare ai discepoli della Pasqua: dopo una caduta, un peccato, un fallimento. In quei momenti sembra che non ci sia più nulla da fare. Ma proprio lì il Signore fa di tutto per donarci la sua pace: attraverso una Confessione, le parole di una persona che si fa vicina, una consolazione interiore dello Spirito, un avvenimento inaspettato e sorprendente… In vari modi Dio si premura di farci sentire l’abbraccio della sua misericordia, una gioia che nasce dal ricevere “il perdono e la pace”. Sì, quella di Dio è una gioia che nasce dal perdono e lascia la pace. È così: nasce dal perdono e lascia la pace; una gioia che rialza senza umiliare, come se il Signore non capisse cosa sta succedendo. Fratelli e sorelle, facciamo memoria del perdono e della pace ricevuti da Gesù. Ognuno di noi li ha ricevuti; ognuno di noi ne ha l’esperienza. Facciamo un po’ di memoria, ci farà bene! Mettiamo il ricordo dell’abbraccio e delle carezze di Dio davanti a quello dei nostri sbagli e delle nostre cadute. Così alimenteremo la gioia. Perché nulla può essere più come prima per chi sperimenta la gioia di Dio! Questa gioia ci cambia.

2. Pace a voi! Il Signore lo dice una seconda volta, aggiungendo: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21). E dona ai discepoli lo Spirito Santo, per renderli operatori di riconciliazione: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (v. 23). Non solo ricevono misericordia, ma diventano dispensatori di quella stessa misericordia che hanno ricevuto. Ricevono questo potere, ma non in base ai loro meriti, ai loro studi, no: è un puro dono di grazia, che poggia però sulla loro esperienza di uomini perdonati. E mi rivolgo a voi, missionari della Misericordia: se ognuno di voi non si sente perdonato, si fermi e non faccia il missionario della Misericordia, fino al momento di sentirsi perdonato. E da quella misericordia ricevuta sarete capaci di dare tanta misericordia, di dare tanto perdono. E oggi e sempre nella Chiesa il perdono ci deve raggiungere così, attraverso l’umile bontà di un confessore misericordioso, che sa di non essere il detentore di qualche potere, ma un canale di misericordia, che riversa sugli altri il perdono di cui lui per primo ha beneficiato. E da qui nasce quel perdonare tutto, perché Dio perdona tutto, tutto e sempre. Siamo noi a stancarci di chiedere il perdono, ma Lui perdona sempre. E voi dovrete essere canali di questo perdono, tramite la vostra esperienza di essere perdonati. Non bisogna torturare i fedeli che vengono con i peccati, ma capire cosa c’è, ascoltare e perdonare e dare un buon consiglio aiutando ad andare avanti. Dio perdona tutto: non bisogna chiudere quella porta…

«A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati». Queste parole sono all’origine del sacramento della Riconciliazione, ma non solo. Tutta la Chiesa è stata resa da Gesù una comunità dispensatrice di misericordia, un segno e uno strumento di riconciliazione per l’umanità. Fratelli, sorelle, ciascuno di noi ha ricevuto nel Battesimo lo Spirito Santo per essere uomo e donna di riconciliazione. Quando sperimentiamo la gioia di essere liberati dal peso dei nostri peccati, dei nostri fallimenti; quando sappiamo in prima persona che cosa significa rinascere, dopo un’esperienza che sembrava senza via d’uscita, allora bisogna condividere con chi ci sta accanto il pane della misericordia. Sentiamoci chiamati a questo. E chiediamoci: io, qui dove vivo, io, in famiglia, io, al lavoro, nella mia comunità, promuovo la comunione, sono tessitore di riconciliazione? Mi impegno per disinnescare i conflitti, per portare perdono dove c’è odio, pace dove c’è rancore? O io cado nel mondo del chiacchiericcio, che sempre uccide? Gesù cerca in noi dei testimoni davanti al mondo di queste sue parole: Pace a voi! Ho ricevuto la pace: la do all’altro.

3. Pace a voi!, ripete il Signore la terza volta quando riappare otto giorni dopo ai discepoli, per confermare la fede faticosa di Tommaso. Tommaso vuole vedere e toccare. E il Signore non si scandalizza della sua incredulità, ma gli viene incontro: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani» (v. 27). Non sono parole di sfida, ma di misericordia. Gesù comprende la difficoltà di Tommaso: non lo tratta con durezza e l’apostolo è scosso dentro da tanta benevolenza. Ed è così che da incredulo diventa credente, e fa la confessione di fede più semplice e bella: «Mio Signore e mio Dio!» (v. 28). È una bella invocazione, possiamo farla nostra e ripeterla durante la giornata, soprattutto quando sperimentiamo dubbi e oscurità, come Tommaso.

Perché in Tommaso c’è la storia di ogni credente, di ognuno di noi, di ogni credente: ci sono momenti difficili, in cui sembra che la vita smentisca la fede, in cui siamo in crisi e abbiamo bisogno di toccare e di vedere. Ma, come Tommaso, è proprio qui che riscopriamo il cuore del Signore, la sua misericordia. In queste situazioni Gesù non viene verso di noi in modo trionfante e con prove schiaccianti, non compie miracoli roboanti, ma offre caldi segni di misericordia. Ci consola con lo stesso stile del Vangelo odierno: offrendoci le sue piaghe. Non dimentichiamo questo: davanti ai peccati, al più brutto peccato, nostro o degli altri, c’è sempre la presenza del Signore che offre le sue piaghe. Non dimenticarlo. E nel nostro ministero di confessori, dobbiamo far vedere alla gente che davanti ai suoi peccati ci sono le piaghe del Signore, che sono più potenti del peccato.

E ci fa scoprire anche le piaghe dei fratelli e delle sorelle. Sì, la misericordia di Dio, nelle nostre crisi e nelle nostre fatiche, ci mette spesso in contatto con le sofferenze del prossimo. Pensavamo di essere noi all’apice della sofferenza, al culmine di una situazione difficile, e scopriamo qui, rimanendo in silenzio, che c’è qualcuno che sta passando momenti, periodi peggiori. E, se ci prendiamo cura delle piaghe del prossimo e vi riversiamo misericordia, rinasce in noi una speranza nuova, che consola nella fatica. Chiediamoci allora se negli ultimi tempi abbiamo toccato le piaghe di qualche sofferente nel corpo o nello spirito; se abbiamo portato pace a un corpo ferito o a uno spirito affranto; se abbiamo dedicato un po’ di tempo ad ascoltare, accompagnare, consolare. Quando lo facciamo, incontriamo Gesù, che dagli occhi di chi è provato dalla vita ci guarda con misericordia e dice: Pace a voi! E mi piace pensare la presenza della Madonna tra gli Apostoli, lì, e come dopo Pentecoste l’abbiamo pensata come Madre della Chiesa: a me piace tanto pensarla il lunedì, dopo la Domenica della Misericordia, come Madre della Misericordia: che Lei ci aiuti ad andare avanti nel nostro ministero così bello.

[00608-IT.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Aujourd’hui, le Seigneur ressuscité apparaît aux disciples, qui l’avaient abandonné, et leur offre sa miséricorde, en montrant ses plaies. Les paroles qu’il leur adresse sont rythmées par une salutation, qui apparaît trois fois de suite dans l’Évangile d’aujourd’hui: « La paix soit avec vous ! » (Jn 20, 19.21.26). La paix soit avec vous ! C’est la salutation du Ressuscité, qui vient à la rencontre de toute faiblesse et erreur humaine. Suivons donc les trois la paix soit avec vous ! de Jésus: nous y découvrirons trois actions de la miséricorde divine en nous. Celle-ci donne, avant tout, la joie ; ensuite elle suscite le pardon; enfin elle console dans la peine.

1. En premier lieu, la miséricorde de Dieu donne la joie, une joie spéciale, la joie de se sentir pardonné gratuitement. Quand, le soir de Pâques, les disciples voient Jésus et l’entendent pour la première fois leur dire la paix soit avec vous ! ils sont remplis de joie (cf. v. 20). Ils s’étaient enfermés dans la maison par crainte; mais ils étaient aussi enfermés en eux-mêmes, abattus par un sentiment d’échec. Ils étaient des disciples qui avaient abandonné le Maître: au moment de son arrestation, ils s’étaient enfuis. Pierre l’avait même renié trois fois et un de leur groupe - l’un d’entre eux, vraiment! - avait été le traître. Il y avait bien des raisons de se sentir non seulement effrayés, mais ratés, vauriens. Par le passé, ils avaient certes fait des choix courageux, ils avaient suivi le Maître avec enthousiasme, engagement et générosité, mais à la fin tout s’était effondré ; la peur avait prévalu et ils avaient commis le grand péché: laisser Jésus seul au moment le plus tragique. Avant la Pâques, ils pensaient qu’ils étaient faits pour de grandes choses, ils discutaient à propos de celui qui était le plus grand parmi eux, etc.. Maintenant, ils touchent le fond.

C’est dans ce climat que survient le premier la paix soit avec vous! Les disciples auraient dû éprouver de la honte, mais au contraire, ils se réjouissent. Qui les comprend…Pourquoi ? Parce que ce visage, cette salutation, ces paroles déplacent leur attention d’eux-mêmes vers Jésus. En effet, « les disciples furent remplis de joie – précise le texte – en voyant le Seigneur » (v. 20). Ils sont détournés d’eux-mêmes et de leurs propres échecs et ils sont attirés par son regard, où ne se trouve aucune sévérité, mais la miséricorde. Le Christ ne les réprouve pas pour le passé, mais il leur donne la bienveillance de toujours. Et cela les ranime, répand dans leurs cœurs la paix perdue, fait d’eux des hommes nouveaux, purifiés par un pardon donné sans calculs, un pardon donné sans mérites.

Telle est la joie de Jésus, la joie que nous avons éprouvée nous aussi en faisant l’expérience de son pardon. Il nous est arrivé de ressembler aux disciples de Pâques: après une chute, un péché, un échec. Dans ces moments, il semble qu’il n’y ait plus rien à faire. Mais c’est là précisément que le Seigneur fait tout pour nous donner sa paix: à travers une Confession, les paroles d’une personne qui se fait proche, une consolation intérieure de l’Esprit, un événement inattendu et surprenant... De diverses manières, Dieu prend soin de nous faire sentir l’étreinte de sa miséricorde, une joie qui naît de la réception "du pardon et de la paix". Oui, la joie de Dieu est une joie qui naît du pardon et qui laisse la paix. C’est ainsi: elle naît du pardon et laisse la paix; une joie qui relève sans humilier, comme si le Seigneur ne comprenait pas ce qui se passe. Frères et sœurs, rappelons-nous le pardon et la paix reçus de Jésus. Chacun de nous les a reçus; chacun de nous en a l’expérience. Rappelons-nous un peu, ça nous fera du bien! Mettons le souvenir de l’étreinte et des caresses de Dieu avant celui de nos erreurs et de nos chutes. Ainsi, nous alimenterons la joie. Car pour celui qui fait l’expérience de la joie de Dieu, rien ne peut plus être comme avant! Cette joie nous change.

2. La paix soit avec vous! Le Seigneur le dit une seconde fois, en ajoutant: « De même que le Père m’a envoyé, moi aussi, je vous envoie » (v. 21). Et il donne aux disciples l’Esprit Saint pour faire d’eux des artisans de réconciliation: «À qui vous remettrez ses péchés, ils seront remis» (v. 23). Non seulement ils reçoivent miséricorde, mais ils deviennent dispensateurs de cette même miséricorde qu’ils ont reçue. Ils reçoivent ce pouvoir, mais pas à cause de leurs mérites, de leurs études, non: c’est un pur don de grâce, mais qui repose sur leur expérience d’hommes pardonnés. Et je m’adresse à vous, missionnaires de la Miséricorde: si chacun de vous ne se sent pas pardonné, qu’il s’arrête et ne devienne pas missionnaire de la Miséricorde, jusqu’au moment où il se sentira pardonné. Et de cette miséricorde reçue vous serez capables de donner tant de miséricorde, donner tant de pardon. Et dans l’Église, aujourd’hui et toujours, le pardon doit ainsi nous rejoindre, à travers l’humble bonté d’un confesseur miséricordieux, qui sait qu’il n’est pas le détenteur d’un pouvoir quelconque, mais un canal de miséricorde, qui déverse sur les autres le pardon dont il a bénéficié le premier. Et de là vient ce pardon de tout, parce que Dieu pardonne tout, tout et toujours. Nous sommes ceux qui en ont assez de demander pardon, mais Il pardonne toujours. Et vous devrez être des canaux de ce pardon, à travers votre expérience d'être pardonné. Il ne faut pas torturer les fidèles qui viennent avec des péchés, mais comprendre ce que c’est, écouter et pardonner et donner un bon conseil aidant à avancer. Dieu pardonne tout: il ne faut pas fermer cette porte...

« À qui vous remettrez ses péchés, ils seront remis ». Ces paroles sont à l’origine du sacrement de la Réconciliation, mais pas seulement. Jésus a fait de toute l’Église une communauté dispensatrice de miséricorde, un signe et un instrument de réconciliation pour l’humanité. Frères, sœurs, chacun de nous a reçu dans le Baptême l’Esprit Saint pour être homme et femme de réconciliation. Quand nous faisons l’expérience de la joie d’être libérés du poids de nos péchés, de nos échecs; quand nous savons personnellement ce que signifie renaître, après une expérience qui semblait sans issue, alors il faut partager le pain de la miséricorde avec ceux qui sont à côté de nous. Sentons-nous appelés à cela. Et demandons-nous: moi, ici où je vis, moi, en famille, moi, au travail, dans ma communauté, est-ce que je promeus la communion, suis-je un tisseur de réconciliation ? Est-ce que je m’engage à désamorcer les conflits, afin d’apporter le pardon là où il y a la haine, la paix là où il y a de la rancœur? Ou est-ce que je tombe dans le monde du bavardage, qui tue toujours? Jésus cherche, en nous, des témoins devant le monde de ces paroles: La paix soit avec vous ! J’ai reçu la paix: je la donne à l’autre.

3. Le Seigneur répète pour la troisième fois La paix soit avec vous!, quand il réapparaît huit jours plus tard aux disciples, pour confirmer la foi difficile de Thomas. Thomas veut voir et toucher. Et le Seigneur ne se scandalise pas de son incrédulité, mais il vient à sa rencontre: « Avance ton doigt ici, et vois mes mains » (v. 27). Ce ne sont pas des paroles de défi, mais de miséricorde. Jésus comprend la difficulté de Thomas: il ne le traite pas avec dureté et l’apôtre est secoué au-dedans de lui-même par tant de bienveillance. Et c’est ainsi que, d’incroyant il devient croyant, et il fait la confession de foi la plus simple et la plus belle: « Mon Seigneur et mon Dieu! » (v. 28). C’est une belle invocation, nous pouvons la faire nôtre et la répéter au cours de la journée, surtout lorsque nous faisons l’expérience de doutes et d’obscurité, comme Thomas.

Parce que se trouve en Thomas l’histoire de chaque croyant, de chacun de nous, de chaque croyant: il y a des moments difficiles, où la vie semble démentir la foi, où nous sommes en crise et où nous avons besoin de toucher et de voir. Mais, comme Thomas, c’est précisément ici que nous redécouvrons le cœur du Seigneur, sa miséricorde. Dans ces situations, Jésus ne vient pas vers nous de manière triomphante et avec des preuves écrasantes, il n’accomplit pas de miracles éclatants, mais il offre des signes chaleureux de miséricorde. Il nous console avec le même style que celui de l’Évangile d’aujourd’hui : en nous offrant ses plaies. N’oublions pas ceci: face aux péchés, au pire péché, le nôtre ou celui des autres, il y a toujours la présence du Seigneur qui offre ses plaies. Ne l’oubliez pas. Et dans notre ministère de confesseurs, nous devons montrer aux gens que devant leurs péchés il y a les plaies du Seigneur, qui sont plus puissantes que le péché.

Et il nous fait découvrir aussi les plaies de nos frères et sœurs. Oui, la miséricorde de Dieu, dans nos crises et dans nos peines, nous met souvent en contact avec les souffrances du prochain. Nous pensions que nous étions au sommet de la souffrance, au sommet d’une situation difficile, et nous découvrons ici, tout en restant silencieux, qu’il y a quelqu’un qui traverse des moments, de périodes pires. Et, si nous prenons soin des plaies du prochain et si nous y déversons la miséricorde, une espérance nouvelle, qui console dans la peine, renaît en nous. Demandons-nous alors si, en ces derniers temps, nous avons touché les plaies de quelqu’un qui souffre dans son corps ou dans son esprit; si nous avons apporté la paix à un corps blessé ou à un esprit brisé; si nous avons pris un peu de temps pour écouter, pour accompagner, pour consoler. Quand nous le faisons, nous rencontrons Jésus qui, avec des yeux de celui qui est éprouvé par la vie, nous regarde avec miséricorde et dit: La paix soit avec vous ! Et j’aime penser à la présence de la Vierge parmi les Apôtres, là, et comment après la Pentecôte nous l’avons pensée comme Mère de l’Église: j’aime beaucoup penser à elle le lundi, après le dimanche de la Miséricorde, comme Mère de la Miséricorde: qu’elle nous aide à avancer dans notre si beau ministère.

[00608-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

 Today the risen Lord appears to the disciples.  To those who had abandoned him he offers his mercy and shows his wounds.  The words he speaks to them are punctuated with a greeting that we hear three times in the Gospel: “Peace be with you!” (Jn 20:19.21.26).  Peace be with you!  These are the words of the risen Jesus as he encounters every human weakness and error.  Let us reflect on the three times Jesus says those words.  In them, we will discover three aspects of God’s mercy towards us. Those words first give joy, then grant forgiveness and finally offer comfort in every difficulty.

 First, God’s mercy gives joy, a special joy, the joy of knowing that we have been freely forgiven.  When, on the evening of Easter, the disciples see Jesus and hear him say for the first time, “Peace be with you”, they rejoice (v. 20).  They were locked behind closed doors out of fear; but they were also closed in on themselves, burdened by a sense of failure. They were disciples who had abandoned their Master; at the moment of his arrest, they had run away.  Peter even denied him three times, and one of their number — one from among them! — had betrayed him.  They had good reason to feel not only afraid, but useless; they had failed.  In the past, certainly, they had made courageous choices.  They had followed the Master with enthusiasm, commitment and generosity.  Yet in the end, everything had happened so fast.  Fear prevailed and they committed the great sin: they left Jesus alone at his most tragic hour.  Before Easter, they had thought that they were destined for greatness; they argued about who would be the greatest among them …  Now they have hit rock bottom.

 In this climate, they hear for the first time, “Peace be with you!”  The disciples ought to have felt shame, yet they rejoice. Why?  Because seeing his face and hearing his greeting  turned their attention away from themselves and towards Jesus.  As the Gospel tells us, “the disciples rejoiced when they saw the Lord” (v. 20).  They were distracted from themselves and their failures and attracted by his gaze, that brimmed not with severity but with mercy.  Christ did not reproach them for what they had done, but showed them his usual kindness.  And this revives them, fills their hearts with the peace they had lost and makes them new persons, purified by a forgiveness  that is utterly unmerited.

 That is the joy Jesus brings.  It is the joy that we too feel whenever we experience his forgiveness.  We ourselves know what those disciples were feeling on Easter, because of our own lapses, sins and failures. At such times, we may think that nothing can be done.  Yet that is precisely when the Lord does everything.  He gives us his peace, through a good Confession, through the words of someone who draws near to us, through an interior consolation of the Spirit, or through some unexpected and surprising event…  In any number of ways, God shows that he wants to make us feel the embrace of his mercy, the joy born of receiving “pardon and peace”.  The joy God gives is indeed born of forgiveness.  It bestows peace.   It is a joy that raises us up without humiliating us. It is as if the Lord does not understand what is happening.  Brothers and sisters, let us think of all those times when we received the pardon and peace of Jesus.  Each one of us has received them; each one of us has had that experience. It is good for us to remember those moments.  Let us put the memory of God’s warm embrace before the memory of our own mistakes and failings.  In this way, we will grow in joy.  For nothing will ever be the same for anyone who has experienced God’s joy!  It is a joy that transforms us.

 Peace be with you!  The Lord says these words a second time and adds, “As the Father has sent me, so I send you” (v. 22).  He then gives the disciples the Holy Spirit to make them agents of reconciliation: “If you forgive the sins of any, they are forgiven them” (v. 23).  Not only do the disciples receive mercy; they become dispensers of the mercy that they themselves received.  They receive this power not on account of their merits or studies, but as a pure gift of grace, based however on their experience of having been themselves forgiven.  I am now speaking to you, missionaries of mercy: if you do not feel forgiven, do not carry out your service as a missionary of mercy until you feel that forgiveness.  The mercy that we have received enables us to dispense a great deal of mercy and forgiveness.  Today and every day, in the Church forgiveness must be received in this same way, through the humble goodness of a merciful confessor who sees himself not as the holder of some power but as a channel of mercy, who pours out upon others the forgiveness that he himself first received.  From this arises the ability to forgive everything because God always forgives everything. We are the ones who tire of asking forgiveness but he always forgives.  You must be channels of that forgiveness through your own experience of being forgiven.  There is no need to torment the faithful when they come to Confession.  It is necessary to understand their situation, to listen, to forgive and to offer good counsel so that they can move forward.  God forgives everything and we must not close that door to people.

 “If you forgive the sins of any, they are forgiven them”.  These words stand at the origin of the Sacrament of Reconciliation, but not only.  Jesus has made the entire Church a community that dispenses mercy, a sign and instrument of reconciliation for all humanity.  Brothers and sisters, each of us, in baptism, received the gift of the Holy Spirit to be a man or woman of reconciliation.  Whenever we experience the joy of being set free from the burden of our sins and failings; whenever we know at firsthand what it means to be reborn after a situation that appeared hopeless, we feel the need to share with those around us the bread of mercy.  Let us feel called to this.  And let us ask ourselves: at home, in my family, at work, in my community, do I foster fellowship, am I a weaver of reconciliation?  Do I commit myself to defusing conflict, to bringing forgiveness in place of hatred, and peace in place of resentment?  Do I avoid hurting others by not gossiping, which always kills? Jesus wants us to be his witnesses before the world with those words: Peace be with you! I have received peace. I give it to others.

 Peace be with you!  The Lord says these words a third time when, eight days later, he appears to the disciples and strengthens the flagging faith of Thomas.  Thomas wants to see and touch.  The Lord is not offended by Thomas’s disbelief, but comes to his aid: “Put your finger here and see my hands” (v. 27).  These are not words of defiance but of mercy.  Jesus understands Thomas’s difficulty.  He does not treat Thomas with harshness, and the apostle is deeply moved by this kindness.  From a disbeliever, he becomes a believer, and makes the simplest and finest confession of faith: “My Lord and my God!” (v. 28).  These are beautiful words.  We can make them our own and repeat them throughout the day, especially when, like Thomas, we experience doubts and difficulties.

 For the story of Thomas is in fact the story of every believer.  There are times of difficulty when life seems to belie faith, moments of crisis when we need to touch and see.  Like Thomas, it is precisely in those moments that we rediscover the heart of Christ, the Lord’s mercy.  In those situations, Jesus does not approach us in triumph and with overwhelming proofs.  He does not perform earth-shattering miracles, but instead offers us heartwarming signs of his mercy.  He comforts us in the same way he did in today’s Gospel: he offers us his wounds.  We must not forget this fact.  In response to our sin, — the ugliest of sins, whether ours or someone else’s — the Lord is always present offering us his wounds. Do not forget this. In our ministry as confessors, we must let the people see that in the midst of their sin, the Lord offers his wounds to them.  The wounds of the Lord are stronger than sin.  

 Jesus makes us see the wounds of our brothers and sisters.  In the midst of our own crises and our difficulties, divine mercy often makes us aware of the sufferings of our neighbour.  We think that we are experiencing unbearable pain and situations of suffering, and we suddenly discover that others around us are silently enduring even worse things.  If we care for the wounds of our neighbour and pour upon them the balm of mercy, we find being reborn within us a hope that comforts us in our weariness.  Let us ask ourselves whether of late we have helped someone suffering in mind or body; whether we have brought peace to someone suffering physically or spiritually; whether we have spent some time simply listening, being present, or bringing comfort to another person.  For whenever we do these things, we encounter Jesus.  From the eyes of all those who are weighed down by the trials of life, he looks out at us with mercy and says: Peace be with you!  In this regard, I  think of Our Lady’s presence with the Apostles.  I also recall that we commemorate her as Mother of the Church on the day following Pentecost and  as Mother of Mercy on the Monday following Divine Mercy Sunday. May she help us move forward in our very beautiful ministry.

[00608-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Heute erscheint der auferstandene Herr den Jüngern und er zeigt ihnen, die ihn verlassen hatten, seine Barmherzigkeit, indem er ihnen seine Wunden offenbart. Einen besonderen Akzent erfahren seine Worte durch einen Gruß, der im heutigen Evangelium dreimal vorkommt: »Friede sei mit euch!« (Joh 20,19.21.26). Friede sei mit euch! Dies ist der Gruß des auferstandenen Herrn, der kommt, um jeder menschlichen Schwäche und jedem Fehler zu begegnen. Folgen wir also diesem dreimaligen Friede sei mit euch, so werden wir ein dreifaches Wirken der göttlichen Barmherzigkeit in uns entdecken: Vor allem schenkt sie Freude, dann führt sie zu Versöhnung, schließlich spendet sie Trost in allen Mühen.

1. Die Barmherzigkeit Gottes schenkt vor allem Freude, eine besondere Freude, die Freude unentgeltlicher Vergebung. Als die Jünger am Osterabend Jesus sehen und ihn zum ersten Mal sagen hören Friede sei mit euch, freuen sie sich (vgl. V. 20). Sie hatten sich aus Angst in ihren Häusern eingeschlossen; sie waren aber auch in sich selbst eingeschlossen, weil sie das Gefühl hatten, versagt zu haben. Diese Jünger hatten ihren Meister im Stich gelassen. Als er verhaftet wurde, waren sie geflohen. Petrus hatte ihn sogar dreimal verleugnet und einer aus ihrer Gruppe – ausgerechnet einer von ihnen! – war der Verräter gewesen. Es gab also Grund nicht nur für das Gefühl der Angst, sondern auch des Versagens, der eigenen Nichtigkeit. In der Vergangenheit hatten sie freilich mutige Entscheidungen getroffen, sie waren dem Meister mit Begeisterung, Engagement und Großherzigkeit gefolgt, aber am Ende war alles in die Brüche gegangen; die Angst hatte die Oberhand gewonnen und sie hatten die große Sünde begangen, Jesus im schlimmsten Moment allein zu lassen. Vor Ostern dachten sie, sie seien für große Dinge geschaffen, sie diskutierten darüber, wer von ihnen der Größte sei und so weiter ... Jetzt jedoch befinden sie sich an einem absoluten Tiefpunkt.

In dieser Stimmung erklingt das erste Friede sei mit euch. Die Jünger hätten Scham empfinden müssen, aber stattdessen freuen sie sich. Wer kann das verstehen… Warum? Weil dieses Gesicht, dieser Gruß, diese Worte ihre Aufmerksamkeit weg von sich selbst auf Jesus lenken. Ja, »da freuten sich die Jünger«, so der Text, »als sie den Herrn sahen« (V. 20). Sie werden von sich selbst und ihrem Versagen weggelenkt und von seinem Blick angezogen, in dem keine Strenge, sondern Barmherzigkeit ist. Christus macht ihnen keine Vorwürfe wegen der Vergangenheit, sondern begegnet ihnen wie immer mit Güte. Und das belebt sie neu, es erfüllt ihre Herzen mit dem Frieden, der ihnen abhandengekommen war, und macht sie zu neuen Menschen, welche von einer Vergebung gereinigt sind, die ihnen ohne Berechnung zuteilwird, einer Vergebung, die ihnen ohne ihr Verdienst gewährt wird.

Das ist die Freude Jesu, die Freude, die auch wir erlebt haben, wenn wir seine Vergebung erfahren durften. Es erging uns ähnlich wie den Jüngern an Ostern: nach einer Niederlage, einer Sünde, einem Versagen. In diesen Momenten scheint es, als sei da nichts mehr zu machen. Aber gerade dann tut der Herr alles, um uns seinen Frieden zu schenken: durch die Beichte, durch die Worte eines Menschen, der uns beisteht, durch den inneren Trost des Heiligen Geistes, durch ein unerwartetes und überraschendes Ereignis... Auf verschiedene Weise sorgt Gott dafür, dass wir die Umarmung seiner Barmherzigkeit spüren, eine Freude, die aus dem Empfangen von „Vergebung und Frieden“ resultiert. Ja, die Freude Gottes ist eine Freude, die aus der Vergebung stammt und Frieden hinterlässt. So ist es: sie entstammt der Vergebung und hinterlässt Frieden; sie ist eine Freude, die wiederaufrichtet und nicht erniedrigt, es ist, als verstünde der Herr nicht, was gerade geschieht. Brüder und Schwestern, gedenken wir der Verzeihung und des Friedens, die wir von Jesus empfangen haben. Jeder von uns hat sie empfangen; jeder von uns hat sie erfahren. Erinnern wir uns ein wenig daran, das wird uns guttun! Denken wir zuerst an Gottes Umarmung und Zärtlichkeit und erst dann an unsere Fehler und Niederlagen. Auf diese Weise werden wir die Freude nähren. Denn für diejenigen, die die Freude Gottes erfahren, wird nichts mehr so sein wie vorher! Diese Freude verändert uns.

2. Friede sei mit euch! Der Herr sagt dies ein zweites Mal und fügt hinzu: »Wie mich der Vater gesandt hat, so sende ich euch« (V. 22). Und er schenkt den Jüngern den Heiligen Geist, um sie zu Werkzeugen der Versöhnung zu machen: »Denen ihr die Sünden erlasst, denen sind sie erlassen« (V. 23). Sie empfangen nicht nur Barmherzigkeit, sondern sie werden auch zu Ausspendern jener Barmherzigkeit, die sie selbst empfangen haben. Sie erhalten diese Vollmacht nicht aufgrund ihrer Verdienste, ihrer Studien, nein: es ist ein reines Gnadengeschenk, das sich jedoch anlehnt an die Erfahrung der Vergebung, die ihnen selbst zuteilwurde. Und zu euch Missionaren der Barmherzigkeit sage ich: Wenn einer von euch nicht das Gefühl kennt, dass ihm vergeben wurde, dann soll er lieber kein Missionar der Barmherzigkeit sein, bis er spürt, dass ihm vergeben wurde. Und aus dieser empfangenen Barmherzigkeit könnt ihr dann sehr viel Barmherzigkeit, ganz viel Vergebung schenken. Und heute und alle Tage muss uns in der Kirche die Vergebung auf diese Weise erreichen, durch die demütige Güte eines barmherzigen Beichtvaters, der weiß, dass er nicht der Inhaber irgendeiner Vollmacht ist, sondern ein Kanal der Barmherzigkeit, der die Vergebung, die ihm selbst zuteilgeworden ist, auf andere ausgießt. Und daher kommt es, dass wir alles vergeben sollen, denn Gott vergibt alles, alles und immer. Wir sind es, die müde werden, um Vergebung zu bitten, aber er vergibt immer. Und ihr müsst Kanäle dieser Vergebung sein, durch eure eigene Erfahrung der Vergebung. Ihr dürft die Gläubigen, die mit ihren Sünden kommen, nicht hart angehen, sondern müsst sie verstehen, ihnen zuhören, ihnen vergeben, ihnen mit gutem Rat zur Seite stehen und ihnen helfen, weiterzukommen. Gott vergibt alles: Diese Tür soll man nicht verschließen....

»Denen ihr die Sünden erlasst, denen sind sie erlassen«. Diese Worte sind der Ursprung des Sakraments der Versöhnung, aber nicht nur das. Jesus machte die ganze Kirche zu einer Gemeinschaft im Dienste der Barmherzigkeit, zu einem Zeichen und Werkzeug der Versöhnung für die Menschheit. Brüder und Schwestern, jeder von uns hat in der Taufe den Heiligen Geist empfangen, um ein Mann und eine Frau der Versöhnung zu sein. Wenn wir die Freude erleben, von der Last unserer Sünden und unseres Versagens befreit zu sein, wenn wir am eigenen Leib erfahren, was es bedeutet, nach einer scheinbar ausweglosen Situation wieder neu ins Leben zu finden, dann müssen wir das Brot der Barmherzigkeit mit den Menschen um uns herum teilen. Dazu sollten wir uns berufen fühlen. Und fragen wir uns: Fördere ich dort, wo ich lebe, in meiner Familie, am Arbeitsplatz, in meiner Gemeinschaft, die Einheit, bin ich einer, der Bande der Versöhnung knüpft? Bemühe ich mich, Konflikte zu entschärfen, Vergebung zu bringen, wo man hasst, Frieden zu stiften, wo man Groll hegt? Oder verfalle ich ins Schlecht-über-andere-Reden, das immer tötet. Jesus wünscht sich von uns, dass wir vor der Welt Zeugnis ablegen für diese seine Worte: Friede sei mit euch! Ich habe Frieden empfangen – ich gebe ihn an andere weiter.

3. Friede sei mit euch wiederholt der Herr zum dritten Mal, als er acht Tage später den Jüngern erneut erscheint, um den schwankenden Glauben des Thomas zu stärken. Thomas will sehen und anfassen. Und der Herr empört sich nicht über seinen Unglauben, sondern er lässt sich auf ihn ein: »Streck deinen Finger hierher aus und sieh meine Hände!« (V. 27). Dies sind keine Worte die herausfordern, es sind Worte der Barmherzigkeit. Jesus versteht die Schwierigkeit des Thomas. Er ist nicht streng mit ihm und der Apostel ist angesichts solcher Güte innerlich erschüttert. Und so wird er vom Ungläubigen zum Gläubigen und legt ein ganz einfaches und sehr schönes Glaubensbekenntnis ab: »Mein Herr und mein Gott!« (V. 28). Das ist eine schöne Anrufung, die wir uns zu eigen machen und den ganzen Tag über wiederholen können, besonders dann, wenn wir wie Thomas Zweifel und Dunkelheit erleben.

Denn in Thomas begegnen wir der Geschichte aller Gläubigen, eines jeden von uns, eines jeden Gläubigen: Es gibt schwierige Momente, wo das Leben den Glauben zu widerlegen scheint, wo wir in einer Krise stecken und etwas brauchen, das wir anfassen und sehen können. Aber wie Thomas entdecken wir gerade hier das Herz des Herrn, seine Barmherzigkeit, wieder neu. In diesen Situationen kommt Jesus nicht triumphierend und mit überwältigenden Beweisen zu uns, er vollbringt keine bombastischen Wunder, sondern er schenkt wohltuende Zeichen seiner Barmherzigkeit. Er tröstet uns ganz im Stile des heutigen Evangeliums: indem er uns seine Wunden zeigt. Vergessen wir nicht: der Sünde, der hässlichsten Sünde, unserer eigenen oder der der anderen, steht immer die Nähe des Herrn gegenüber, der seine Wunden darbietet. Das sollten wir nie vergessen. Und in unserem Dienst als Beichtväter müssen wir den Menschen zeigen, dass die Wunden des Herrn ihren Sünden gegenüberstehen, und dass diese mächtiger sind als die Sünde.

Und er lässt uns auch die Wunden unserer Brüder und Schwestern entdecken. Ja, die Barmherzigkeit Gottes bringt uns in unseren Krisen und Kämpfen oft mit den Leiden unseres Nächsten in Berührung. Wir denken, uns hätte es besonders schlimm getroffen und wir befänden uns in einer überaus schwierigen Situation, und dann entdecken wir, dass andere in aller Stille noch schlimmere Zeiten durchmachen. Wenn wir uns um die Wunden unseres Nächsten kümmern und Barmherzigkeit über sie ausgießen, wird in uns eine Hoffnung neu geboren, die in allen Schwierigkeiten Trost spendet. Fragen wir uns also, ob wir in letzter Zeit die Wunden eines physisch oder psychisch leidenden Menschen berührt haben; ob wir einem verwundeten Körper oder einem ermatteten Geist Frieden gebracht haben; ob wir uns die Zeit genommen haben, zuzuhören, zu begleiten oder zu trösten. Wenn wir dies tun, begegnen wir Jesus, der uns durch die Augen aller vom Leben Geprüften voller Barmherzigkeit ansieht und zu uns sagt: Friede sei mit euch! Und gerne denke ich auch an die Anwesenheit der Gottesmutter unter den Aposteln und daran, dass wir sie seit Pfingsten als Mutter der Kirche ansehen. Am Montag, nach dem Barmherzigkeitssonntag, denke ich gerne an sie als die Mutter der Barmherzigkeit: Möge sie uns helfen, in unserem schönen Dienst weiterzumachen.

[00608-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Hoy el Señor resucitado se aparece a los discípulos y, a ellos, que lo habían abandonado, les ofrece su misericordia, mostrándoles sus llagas. Las palabras que les dirige están acompasadas por un saludo, que se menciona tres veces en el Evangelio de hoy: «¡La paz esté con ustedes!» (Jn 20,19.21.26). ¡La paz esté con ustedes! Es el saludo del Resucitado, que sale al encuentro de toda debilidad y error humano. Sigamos los tres ¡la paz esté con ustedes! de Jesús, en ellos descubriremos tres acciones de la divina misericordia en nosotros. Ésta sobre todo da alegría, luego suscita el perdón, y finalmente consuela en la fatiga.

1. En primer lugar, la misericordia de Dios da alegría, una alegría especial, la alegría de sentirnos perdonados gratuitamente. Cuando en la tarde de Pascua los discípulos vieron a Jesús y escucharon por primera vez que les decía ¡la paz esté con ustedes!, se alegraron (cf. v. 20). Estaban encerrados en la casa por el miedo, pero también estaban encerrados en sí mismos, abatidos por un sentimiento de fracaso. Eran discípulos que habían abandonado al Maestro, que habían huido en el momento de su arresto. Pedro incluso lo había negado tres veces y uno del grupo —¡justo uno de ellos!— había sido el traidor. Tenían motivos para sentirse no sólo atemorizados, sino fracasados, pusilánimes. Es cierto que en el pasado habían tomado decisiones valientes, habían seguido al Maestro con entusiasmo, compromiso y generosidad, pero al final todo se había desmoronado; el miedo había prevalecido y habían cometido el gran pecado, de dejar solo a Jesús en el momento más trágico. Antes de la Pascua pensaban que estaban hechos para grandes cosas, discutían sobre quién fuese el más grande entre ellos. Ahora se sienten hundidos. 

En este clima llega el primer ¡la paz esté con ustedes! Los discípulos deberían haber sentido vergüenza, y en cambio se llenan de alegría. ¿Quién los entiende? ¿Por qué? Porque ese rostro, ese saludo, esas palabras desvían su atención de sí mismos a Jesús. En efecto, «los discípulos se alegraron —precisa el texto— de ver al Señor» (v. 20). No piensan más en sí mismos y en sus fallos, sino que se sienten atraídos por sus ojos, donde no hay severidad, sino misericordia. Cristo no les recrimina el pasado, sino que les renueva su benevolencia. Y esto los reanima, les infunde en sus corazones la paz perdida, los hace hombres nuevos, purificados por un perdón que se les da sin cálculos, un perdón que se les da sin méritos. 

Esta es la alegría de Jesús, la alegría que hemos sentido también nosotros cuando experimentamos su perdón. Nos ha pasado también a nosotros sentirnos como los discípulos en la tarde de Pascua, después de una caída, de un pecado o de un fracaso. En esos momentos pareciera que no hay nada más que hacer. Pero precisamente allí el Señor hace lo que sea para darnos su paz, por medio de una Confesión, de las palabras de una persona que se muestra cercana, de una consolación interior del Espíritu Santo, de un acontecimiento inesperado y sorprendente. De diferentes maneras Dios se asegura de hacernos sentir el abrazo de su misericordia, una alegría que nace de recibir “el perdón y la paz”. Sí, la alegría de Dios nace del perdón y deja la paz. Es así, nace del perdón y deja la paz, una alegría que levanta sin humillar, como si el Señor no entendiera lo que está sucediendo. Hermanos y hermanas, hagamos memoria del perdón y de la paz que recibimos de Jesús. Cada uno de nosotros los ha recibido, cada uno de nosotros tiene esa experiencia, hagamos pues memoria, nos hará bien. Antepongamos el recuerdo del abrazo y de las caricias de Dios al de nuestros errores y nuestras caídas. De ese modo alimentaremos la alegría. Porque nada puede seguir siendo como antes para quien experimenta la alegría de Dios. Esta alegría nos cambia.

2. ¡La paz esté con ustedes! El Señor lo dice por segunda vez, agregando: «Como el Padre me envió, así yo los envío a ustedes» (v. 21). Y les da a los discípulos el Espíritu Santo, para hacerlos ministros de reconciliación. «A quienes perdonen los pecados, les quedan perdonados» (v. 23). No sólo reciben misericordia, sino que se convierten en dispensadores de esa misma misericordia que han recibido. Reciben este poder, pero no en base a sus méritos, a sus estudios, no; es un puro don de la gracia, que se apoya en su propia experiencia de hombres perdonados. Y me dirijo a ustedes, misioneros de la Misericordia. Si cada uno de ustedes no se siente perdonado, que se detenga en este ministerio, hasta el momento de sentirse perdonado. Y de esa misericordia recibida será capaz de dar mucha misericordia, de dar mucho perdón. Y, hoy y siempre, el perdón en la Iglesia nos debe llegar así, por medio de la humilde bondad de un confesor misericordioso, que sabe que no es el poseedor de un poder, sino un canal de la misericordia, que derrama sobre los demás el perdón del que él mismo ha sido el primer beneficiado. Y de aquí nace ese “perdonar todo”, porque Dios perdona todo, todo y siempre. Somos nosotros los que nos cansamos de pedir perdón, pero Él perdona siempre. Y ustedes deben ser canales de este perdón, a través de su propia experiencia de ser perdonados. No hay que torturar a los fieles que vienen con sus pecados, sino tratar de entender qué sucede, escuchar y perdonar, y dar un buen consejo, ayudando a seguir adelante. Dios perdona todo, no hay que cerrar esa puerta.  

«A quienes perdonen los pecados, les quedan perdonados» (v. 23). Estas palabras están en el origen del sacramento de la Reconciliación, pero no sólo, pues toda la Iglesia ha sido constituida por Jesús como una comunidad dispensadora de misericordia, signo e instrumento de reconciliación para la humanidad. Hermanos, hermanas, cada uno de nosotros hemos recibido en el Bautismo el Espíritu Santo para ser hombres y mujeres de reconciliación. Si experimentamos la alegría de ser liberados del peso de nuestros pecados y de nuestros errores; si sabemos en primera persona qué significa renacer, después de una experiencia que parecía no tener salida, entonces se hace necesario compartir el pan de la misericordia con los que están a nuestro lado. Sintámonos llamados a esto. Y preguntémonos: yo, aquí donde vivo, yo en la familia, yo en el trabajo, en mi comunidad, ¿promuevo la comunión, soy artífice de reconciliación? ¿Me comprometo a calmar los conflictos, a llevar perdón donde hay odio, paz donde hay rencor? ¿O yo caigo en el mundo de las habladurías que siempre mata? Jesús busca que seamos ante el mundo testigos de estas palabras suyas: ¡La paz esté con ustedes! He recibido la paz, la doy a otro.  

3. ¡La paz esté con ustedes! repite el Señor por tercera vez cuando se les aparece nuevamente a los discípulos ocho días después, para confirmar la fe tambaleante de Tomás. Tomás quiere ver y tocar. Y el Señor no se escandaliza de su incredulidad, sino que va a su encuentro: «Trae aquí tu dedo y mira mis manos» (v. 27). No son palabras desafiantes, sino de misericordia. Jesús comprende la dificultad de Tomás, no lo trata con dureza y el apóstol se conmueve interiormente ante tanta bondad. Y es así que de incrédulo se vuelve creyente, y hace esta confesión de fe tan sencilla y hermosa: «¡Señor mío y Dios mío!» (v. 28). Es una linda invocación, que podemos hacer nuestra y repetirla durante el día, sobre todo cuando experimentamos dudas y oscuridad, como Tomás. 

Porque en Tomás está la historia de todo creyente, de cada uno de nosotros. Hay momentos difíciles, en los que parece que la vida desmiente a la fe, en los que estamos en crisis y necesitamos tocar y ver. Pero, como Tomás, es precisamente en esos momentos cuando redescubrimos el corazón del Señor, su misericordia. Jesús, en estas situaciones, no viene hacia nosotros de modo triunfante y con pruebas abrumadoras, no hace milagros rimbombantes, sino que ofrece cálidos signos de misericordia. Nos consuela con el mismo estilo del Evangelio de hoy: ofreciéndonos sus llagas. No olvidemos esto, ante el pecado, el más escandaloso pecado nuestro o de los demás, está siempre la presencia del Señor que ofrece sus llagas. No olvidemos eso. Y en nuestro ministerio de confesores, debemos hacer ver a la gente que ante sus pecados están las llagas del Señor, que son más poderosas que el pecado.  

Y nos hace descubrir también las llagas de los hermanos y de las hermanas. Sí, la misericordia de Dios, en nuestras crisis y en nuestros cansancios, a menudo nos pone en contacto con los sufrimientos del prójimo. Pensábamos que éramos nosotros los que estábamos en la cúspide del sufrimiento, en el culmen de una situación difícil, y descubrimos aquí, permaneciendo en silencio, que alguien está pasando momentos peores. Y, si nos hacemos cargo de las llagas del prójimo y en ellas derramamos misericordia, renace en nosotros una esperanza nueva, que consuela en la fatiga. Preguntémonos entonces si en este último tiempo hemos tocado las llagas de alguien que sufra en el cuerpo o en el espíritu; si hemos llevado paz a un cuerpo herido o a un espíritu quebrantado; si hemos dedicado un poco de tiempo a escuchar, acompañar y consolar. Cuando lo hacemos, encontramos a Jesús, que desde los ojos de quienes son probados por la vida, nos mira con misericordia y nos dice: ¡La paz esté con ustedes!

Y me gusta pensar en la presencia de la Virgen entre los Apóstoles, allí. Y así como después de Pentecostés la hemos pensado como Madre de la Iglesia, a mí me gusta pensarla el lunes, después del Domingo de la Misericordia, como Madre de la Misericordia. Que Ella nos ayude a avanzar en nuestro hermoso ministerio.

[00608-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Hoje o Senhor ressuscitado aparece aos discípulos e, a eles que O tinham abandonado, oferece-lhes a misericórdia, mostrando as suas chagas. As palavras que lhes dirige estão cadenciadas por uma saudação, que aparece três vezes no Evangelho de hoje: «A paz esteja convosco!» (Jo 20, 19.21.26). «A paz esteja convosco» é a saudação do Ressuscitado, que vem ao encontro de todas as fraquezas e erros humanos. Vamos então seguir as três saudações de paz de Jesus: nelas descobriremos três ações da misericórdia divina em nós. Esta, em primeiro lugar, dá alegria; depois, suscita o perdão; e finalmente, consola no cansaço.

1.    Em primeiro lugar, a misericórdia de Deus dá alegria, uma alegria especial, a alegria de se sentir gratuitamente perdoado. Quando, ao entardecer do dia de Páscoa, os discípulos veem Jesus e O ouvem dizer pela primeira vez «a paz esteja convosco», alegram-se (cf. v. 20). Estavam trancados em casa com medo; mas também estavam fechados em si mesmos, dominados por uma sensação de fracasso. Eram discípulos que tinham abandonado o Mestre: no momento da sua prisão, fugiram. Pedro até O negara três vezes, e um elemento do seu grupo – mesmo um deles – fora o traidor. Tinham motivos para se sentir não apenas assustados, mas fracassados, gente sem valor algum. No passado, é claro, eles tinham feito escolhas corajosas, seguiram o Mestre com entusiasmo, compromisso e generosidade, mas no fim tudo desmoronara; o medo prevalecera e eles tinham cometido este grande pecado: deixar Jesus sozinho no momento mais trágico. Antes da Páscoa, pensavam que estavam feitos para grandes coisas, discutiam sobre quem era o maior dentre eles, etc. Agora, tocaram o fundo…

Neste clima, ouvem pela primeira vez «a paz esteja convosco!» Os discípulos deveriam ter sentido vergonha e, em vez disso, alegraram-se (quem os entende!). E porquê? Porque aquele rosto, aquela saudação, aquelas palavras desviam-lhes a atenção de si mesmos para Jesus: de facto, «os discípulos alegraram-se – o texto especifica – ao ver o Senhor» (v. 20). São desviados de si mesmos e dos seus fracassos, e atraídos pelo olhar do Senhor, onde não há severidade, mas misericórdia. Cristo não acusa a propósito do passado, mas concede-lhes a benevolência de sempre. E isto reanima-os, infunde nos seus corações a paz perdida, torna-os homens novos, purificados por um perdão concedido desinteressadamente, um perdão concedido sem méritos.

Esta é a alegria de Jesus, a alegria que sentimos, também nós, ao experimentar o seu perdão. Já nos aconteceu, depois de uma queda, um pecado, um fracasso, assemelhar-nos aos discípulos da Páscoa. Nesses momentos, parece que já não há nada a fazer; mas precisamente então o Senhor tudo faz para nos dar a sua paz: através de uma Confissão, das palavras de uma pessoa que se aproxima, de uma consolação interior do Espírito, de um acontecimento inesperado e surpreendente... De várias maneiras Deus Se desvela para fazer-nos sentir o abraço da sua misericórdia, uma alegria que provem de receber «o perdão e a paz». Sim, a alegria de Deus é uma alegria que nasce do perdão e deixa a paz. É mesmo assim: nasce do perdão e deixa a paz; uma alegria que levanta sem humilhar, como se o Senhor não entendesse o que está acontecendo. Irmãos e irmãs, façamos memória do perdão e da paz que recebemos de Jesus. Cada um de nós já os recebeu; cada um de nós já teve experiência deles. Um pouco de memória deles far-nos-á bem! Coloquemos a memória do abraço e das carícias de Deus, antes da lembrança dos nossos erros e das nossas quedas. Assim alimentaremos a alegria. Porque já nada pode ser como antes para quem experimenta a alegria de Deus! Esta alegria transforma-nos!

2.    «A paz esteja convosco»: diz o Senhor pela segunda vez, acrescentando: «Assim como o Pai Me enviou, também Eu vos envio» (v. 22). E dá aos discípulos o Espírito Santo, para torná-los agentes de reconciliação: «A quem perdoardes os pecados, ser-lhes-ão perdoados» (v. 23). Não apenas recebem misericórdia, mas tornam-se dispensadores da mesma misericórdia que receberam. Recebem este poder, mas não pelos seus méritos, pelos seus estudos. Não; é um puro dom da graça, mas que se baseia na sua experiência de homens perdoados. E pensando em vós, missionários da Misericórdia, digo-vos: se algum de vós não se sente perdoado, pare e não faça o missionário da Misericórdia, até se sentir perdoado. E, com esta misericórdia recebida, sereis capazes de dar tanta misericórdia, de dar tanto perdão. Hoje e sempre na Igreja, o perdão deve chegar-nos assim: através da bondade humilde de um confessor misericordioso, que sabe que não é o detentor de algum poder, mas um canal de misericórdia, que derrama sobre os outros o perdão do qual ele mesmo, primeiro, beneficiou. E daqui nasce aquela disposição de perdoar tudo, pois Deus perdoa tudo. Tudo e sempre. Somos nós que nos cansamos de pedir o perdão, mas Ele perdoa sempre. E vós deveis ser canais deste perdão, através da vossa experiência de ser perdoados. Não é necessário torturar os fiéis que chegam junto de vós com os seus pecados, mas entender o que lhes acontece, escutar, perdoar e dar bons conselhos ajudando-os a seguir em frente. Deus perdoa tudo: não é preciso fechar aquela porta...

«A quem perdoardes os pecados, ser-lhes-ão perdoados». Estas palavras estão na origem do sacramento da Reconciliação, mas não só. Toda a Igreja foi feita por Jesus uma comunidade dispensadora de misericórdia, um sinal e um instrumento de reconciliação para a humanidade. Irmãos, irmãs, cada um de nós recebeu o Espírito Santo no Batismo para ser homem e mulher de reconciliação. Quando experimentamos a alegria de ser libertos do peso dos nossos pecados, dos nossos fracassos; quando sabemos em primeira mão o que significa renascer, depois de uma experiência que parecia não ter saída, então sentimos necessidade de partilhar o pão da misericórdia com aqueles que nos rodeiam. Sintamo-nos chamados a isso. E perguntemo-nos: lá onde vivo, na minha família, no trabalho, na minha comunidade, eu promovo a comunhão, sou um tecedor de reconciliação? Empenho-me a desarmar conflitos, a levar perdão onde há ódio, paz onde há ressentimento? Ou caio no mundo das murmurações, que sempre matam? Jesus procura em nós testemunhas para o mundo destas suas palavras: «A paz esteja convosco!» Recebi a paz: dou-a ao outro.

3.    «A paz esteja convosco»: repete o Senhor pela terceira vez, quando volta a aparecer oito dias depois aos discípulos, para confirmar a fé fadigosa de Tomé. Tomé quer ver e tocar. E o Senhor não Se escandaliza com a sua incredulidade, mas vem em ajuda da mesma: «Coloca o dedo aqui e vê as minhas mãos» (v. 27). Não são palavras de desafio, mas de misericórdia. Jesus compreende a dificuldade de Tomé: não o trata com severidade, e o apóstolo sente-se tocado interiormente com tanta benevolência. E é assim que, de incrédulo, se torna crente e faz a mais simples e bela confissão de fé: «Meu Senhor e meu Deus!» (v. 28). É uma bela invocação, podemos adotá-la e repeti-la ao longo do dia, especialmente quando experimentamos dúvidas e escuridão, como Tomé.

Com efeito, em Tomé, está presente a história de cada crente, de cada um de nós, de cada fiel: há momentos difíceis, nos quais a vida parece desmentir a fé, nos quais entramos em crise e precisamos tocar e ver. Mas, como Tomé, é precisamente aqui que descobrimos o coração do Senhor, a sua misericórdia. Nestas situações, Jesus não vem ter connosco de maneira triunfante nem com provas contundentes, não realiza milagres espetaculares, mas oferece sinais calorosos de misericórdia. Consola-nos com o mesmo estilo do Evangelho de hoje: oferecendo-nos as suas chagas. Não esqueçamos isto: face aos pecados, mesmo o pecado mais horrendo – nosso ou dos demais –, sempre temos a presença do Senhor que oferece as suas chagas. Não o esqueçais! E, no nosso ministério de confessor, devemos fazer ver às pessoas que, face aos seus pecados, estão as chagas do Senhor, que são mais poderosas que o pecado.

E faz-nos descobrir também as chagas dos irmãos e irmãs. Sim, a misericórdia de Deus, nas nossas crises e nas nossas fadigas, coloca-nos muitas vezes em contacto com os sofrimentos do próximo. Julgávamos estar no ápice do sofrimento, no auge duma situação difícil, mas descobrimos aqui a existência de alguém que, permanecendo em silêncio, está passando por momentos, por períodos piores. E, se cuidarmos das chagas do próximo e nelas derramarmos misericórdia, renasce em nós uma nova esperança que consola no cansaço. Então, perguntemo-nos se, nos últimos tempos, tocamos as chagas de alguém que sofre no corpo ou no espírito; se levamos paz a um corpo ferido ou a um espírito atribulado; se passamos algum tempo ouvindo, acompanhando, consolando. Quando fazemos isso, encontramos Jesus que, com os olhos de quem é provado pela vida, nos contempla com misericórdia e diz: «A paz esteja convosco!»

E apraz-me imaginar a presença de Nossa Senhora lá no meio dos Apóstolos. E assim como, depois do Pentecostes, A vemos como Mãe da Igreja, assim também gosto muito de pensar n’Ela como Mãe da Misericórdia, na segunda-feira sucessiva ao Domingo da Misericórdia. Que Ela nos ajude a prosseguir neste nosso ministério tão belo!

[00608-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Dziś zmartwychwstały Pan ukazuje się uczniom i im, którzy Go opuścili, ofiaruje swoje miłosierdzie, pokazując swoje rany. Słowom, które do nich kieruje, nadaje rytm pozdrowienie, które w dzisiejszej Ewangelii pojawia się trzykrotnie: „Pokój wam!” (J 20, 19.21.26). Pokój wam! Jest to pozdrowienie zmartwychwstałego Pana, który wychodzi naprzeciw każdej ludzkiej słabości i grzechowi. Rozważmy więc trzykrotne pokój wam! Jezusa – odkryjemy w tym trzy działania Bożego miłosierdzia w nas. Przede wszystkim daje ono radość; potem wzbudza przebaczenie; wreszcie pociesza w znużeniu.

1. Przede wszystkim miłosierdzie Boże daje radość, szczególną radość, radość z poczucia, że nam bezinteresownie przebaczono. Kiedy w wieczór Paschy uczniowie widzą Jezusa i słyszą, jak po raz pierwszy mówi: pokój wam, radują się (por. w. 20). Ze strachu byli zamknięci w domu; ale byli też zamknięci w sobie, przygnębieni poczuciem porażki. Byli uczniami, którzy opuścili Mistrza: w momencie Jego aresztowania uciekli. Piotr nawet zaparł się Go trzykrotnie, a jeden z ich grupy - jeden z nich, właśnie! - był zdrajcą. Były powody, by czuli się nie tylko zalęknieni, ale i zawiedzeni, ludźmi bezwartościowymi. W przeszłości niewątpliwie dokonywali odważnych wyborów, entuzjastycznie, z zapałem i wielkodusznie szli za Mistrzem, ale w końcu wszystko się zawaliło. Zwyciężył strach i popełnili wielki grzech – zostawili Jezusa samego w najtragiczniejszym momencie. Przed Paschą myśleli, że są stworzeni do wielkich rzeczy, dyskutowali o tym, kto jest wśród nich największy i tak dalej... Teraz właśnie sięgnęli dna.

W tej atmosferze przychodzi pierwsze pokój wam! Uczniowie powinni czuć się zawstydzeni, tymczasem radują się. Kto ich zrozumie… Dlaczego? Ponieważ to oblicze, to pozdrowienie, te słowa przenoszą ich uwagę z nich samych na Jezusa. Rzeczywiście, „uczniowie uradowali się” - jak mówi tekst - „ujrzawszy Pana”. (por. w. 20). Ich uwaga zostaje odwrócona od nich samych i ich niepowodzeń, a są przyciągnięci przez Jego oczy, w których nie ma surowości, lecz miłosierdzie. Chrystus nie rozpamiętuje przeszłości, ale darzy ich jak zawsze życzliwością. A to ich ożywia, wlewa w ich serca pokój, który utracili, czyni ich ludźmi nowymi, oczyszczonymi przez przebaczenie, udzielone bez rachub, przebaczenie udzielone bez zasług.

Taka jest radość Jezusa, radość, której i my zaznaliśmy, doświadczając Jego przebaczenia. Zdarzyło się nam, że byliśmy podobni do uczniów Paschy - po upadku, grzechu, porażce. W takich chwilach wydaje się, że już nic nie można zrobić. Ale to właśnie wtedy Pan czyni wszystko, aby obdarzyć nas swoim pokojem: poprzez spowiedź, słowa osoby, która staje się bliska, wewnętrzne pocieszenie Ducha Świętego, jakieś nieoczekiwane i zaskakujące wydarzenie... Bóg na różne sposoby troszczy się o to, abyśmy poczuli uścisk Jego miłosierdzia, radość, która płynie z otrzymania „przebaczenia i pokoju”. Tak, Boża radość jest radością rodzącą się z przebaczenia i pozostawia pokój. Jest tak: rodzi się z przebaczenia i pozostawia pokój; radość, która podnosi na duchu, nie upokarzając, jakby Pan nie rozumiał, co się dzieje. Bracia i siostry, pamiętajmy o przebaczeniu i pokoju otrzymanych od Jezusa. Każdy z nas je otrzymał; każdy z nas tego doświadczył. Przypominajmy to sobie trochę, dobrze nam to zrobi! Przedkładajmy pamięć o Bożym uścisku i czułości nad pamięć o naszych błędach i upadkach. W ten sposób będziemy podsycać radość. Bowiem nic już nie może być takie jak przedtem dla tych, którzy doświadczają Bożej radości! Ta radość nas zmienia.

2. Pokój wam! Pan mówi to po raz drugi, dodając: „Jak Ojciec Mnie posłał, tak i Ja was posyłam” (w. 21).  I daje uczniom Ducha Świętego, aby uczynić ich pośrednikami pojednania: „Którym odpuścicie grzechy, są im odpuszczone” (w. 23). Nie tylko otrzymują miłosierdzie, lecz stają się szafarzami tego właśnie miłosierdzia, które otrzymali. Otrzymują tę władzę, lecz nie na podstawie swoich zasług, ich studiów, nie: jest to czysty dar łaski, który jednak opiera się na ich doświadczeniu, jako ludzi, którym przebaczono. Zwracam się do was misjonarzy Miłosierdzia: jeżeli każdy z was nie czuje, że otrzymał przebaczenie, niech się zatrzyma i niech nie będzie misjonarzem Miłosierdzia, aż do chwili, w której poczuje się, że otrzymał przebaczenie. A z tego miłosierdzia otrzymanego będziecie zdolni, by dać wiele miłosierdzia, by dać tak wiele przebaczenia. I dzisiaj, i zawsze w Kościele przebaczenie winno docierać do nas w ten sposób, poprzez pokorną dobroć miłosiernego spowiednika, który wie, że nie jest posiadaczem jakiejś władzy, ale kanałem miłosierdzia, wylewającym na innych przebaczenie, z którego sam najpierw skorzystał. I z tego rodzi się to przebaczać wszystko, ponieważ Bóg wszystko przebacza, wszystko i zawsze. To my męczymy się proszeniem o przebaczenie, ale On przebacza zawsze. A wy macie być kanałami tego przebaczenia, przez wasze doświadczenie, że wam przebaczono. Nie trzeba dręczyć wiernych, którzy przychodzą z grzechami, ale trzeba zrozumieć, czym jest słuchać i przebaczać, i udzielać dobrej rady, pomagając iść naprzód. Bóg przebacza wszystko: nie trzeba zamykać tych drzwi…

„Którym odpuścicie grzechy, są im odpuszczone”. Słowa te leżą u podstaw sakramentu pojednania, ale nie tylko. Cały Kościół został przez Jezusa uczyniony wspólnotą–szafarzem miłosierdzia, znakiem i narzędziem pojednania dla ludzkości. Bracia, siostry, każdy z nas otrzymał w sakramencie chrztu Ducha Świętego, abyśmy byli mężczyznami i kobietami pojednania. Kiedy doświadczamy radości z uwolnienia od ciężaru naszych grzechów, naszych upadków; kiedy osobiście dowiadujemy się, co to znaczy narodzić się na nowo, po doświadczeniu, które wydawało się bez wyjścia, wtedy musimy dzielić się chlebem miłosierdzia z tymi, którzy nas otaczają. Czujmy się powołani do tego. I zadajmy sobie pytanie: czy ja tu, gdzie żyję, w rodzinie, w pracy, w mojej wspólnocie, promuję komunię, czy jestem tkaczem pojednania? Czy staram się rozładowywać konflikty, nieść przebaczenie tam, gdzie panuje nienawiść, pokój tam, gdzie jest uraza? Czy wpadam w świat obgadywania, który zawsze zabija? Jezus szuka w nas świadków, wobec świata, tych Jego słów: Pokój wam!. Otrzymałem pokój: daję go drugiemu.

3. Pokój wam! - powtarza Pan po raz trzeci, gdy osiem dni później ponownie ukazuje się uczniom, aby umocnić trudną wiarę Tomasza. Tomasz chce zobaczyć i dotknąć. A Pan nie gorszy się jego niedowiarstwem, lecz wychodzi mu na przeciw: „Podnieś tutaj swój palec i zobacz moje ręce” (w. 27). To nie są słowa wyzwania, ale miłosierdzia. Jezus rozumie trudności Tomasza: nie traktuje go surowo, a apostoł jest wewnętrznie poruszony taką wyrozumiałością. I w ten sposób z niedowiarka staje się wierzącym i składa najprostsze i najpiękniejsze wyznanie wiary: „Pan mój i Bóg mój!” (w. 28). Jest to piękne wezwanie, które możemy uczynić naszym własnym i powtarzać w ciągu dnia, zwłaszcza gdy tak jak Tomasz doświadczamy wątpliwości i ciemności.

W Tomaszu wszak zawarta jest historia każdego wierzącego, każdego z nas, każdego wierzącego: są to trudne chwile, kiedy wydaje się, że życie zaprzecza wierze, kiedy przeżywamy kryzys i potrzebujemy dotknąć i zobaczyć. Ale, podobnie jak Tomasz, właśnie tutaj odkrywamy na nowo serce Pana, Jego miłosierdzie. W takich sytuacjach Jezus nie przychodzi do nas triumfalnie i z przytłaczającymi dowodami, nie czyni pompatycznych cudów, lecz ofiaruje serdeczne znaki miłosierdzia. Pociesza nas w taki sam sposób, jak w dzisiejszej Ewangelii - ukazując nam swoje rany. Nie zapominajmy tego: przed grzechami, przed najbrzydszym grzechem, naszym, czy innych jest zawsze obecność Pana, który ofiaruje swoje rany. Nie zapominajmy tego. A w naszej posłudze, jako spowiedników, musimy pokazać ludziom, że przed ich grzechami są rany Pana, które są potężniejsze niż grzech.

To sprawia też, że odkrywamy rany naszych braci i sióstr. Tak, miłosierdzie Boże w naszych kryzysach i zmaganiach często prowadzi nas do zetknięcia z cierpieniami bliźniego. Myśleliśmy, że to my dotykamy szczytu cierpienia, szczytu trudnej sytuacji, a odkrywamy tu, pozostając w milczeniu, że jest ktoś, kto przeżywa chwile, okresy gorsze. A jeśli zatroszczymy się o rany bliźniego i wylejemy na nie miłosierdzie, odradza się w nas nowa nadzieja, która pociesza w obliczu utrudzenia. Zastanówmy się więc, czy w ostatnim czasie dotknęliśmy ran kogoś cierpiącego na ciele lub na duchu; czy przynieśliśmy pokój zranionemu ciału lub złamanemu duchowi; czy poświęciliśmy nieco czasu, by wysłuchać, towarzyszyć, pocieszyć. Kiedy to czynimy, spotykamy Jezusa, który oczami osób doświadczanych przez życie patrzy na nas miłosiernie i mówi: Pokój wam! Lubię myśleć o obecności Matki Bożej, tam, wśród Apostołów, i jak po Zesłaniu Ducha Świętego myśleliśmy o Niej, jako o Matce Kościoła: a w poniedziałek po Niedzieli Miłosierdzia podoba mi się bardzo myśleć o Niej, jako o Matce Miłosierdzia: niech Ona pomaga nam iść naprzód w naszej tak pięknej posłudze.

[00608-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهيّ

في مناسبة أحد الرّحمة

يوم الأحد 24 نيسان/أبريل 2022

بازيليكا القدّيس بطرس

ظهر اليوم الرّبّ القائم من بين الأموات للتلاميذ وقدّم لهم، هم الذين تركوه، رحمته، وبيّن لهم جروحه. الكلام الذي وجّهه إليهم تخلّلته تحيّة وردت ثلاث مرات في إنجيل اليوم، وهي: "السَّلامُ علَيكم!" (يوحنا 20، 19. 21. 26). السَّلامُ علَيكم! إنّها تحيّة الرّبّ القائم من بين الأموات الذي جاء للقاء كلّ ضعف وخطأ بشريّ. لنتابع إذن تحيّة يسوع ”السَّلامُ علَيكم!“ التي وردت ثلاث مرات: سنكتشف فيها ثلاثة أعمال من أعمال الرّحمة الإلهيّة. أوّلًا إنّها تعطي الفرح، ثمّ تحثنا على المغفرة، وأخيرًا تعزينا في التعب.

1. أوّلًا، رحمة الله تمنح الفرح، فرحًا خاصًّا، فرح الشعور بأنّه قد غُفر لنا مجّانًا. عندما رأى التلاميذ يسوع في مساء الفصح وسمعوه يقول لهم للمرّة الأولى ”السَّلامُ علَيكم!“، فرحوا (راجع الآية 20). أغلقوا الأبواب عليهم بسبب الخوف، وكانوا أيضًا منغلقين على أنفسهم، وقد غمرهم الشعور بالفشل. كانوا التلاميذ الذين تركوا المعلّم: في لحظة القبض عليه، هربوا. حتى أنّ بطرس أنكره ثلاث مرات، وواحد من مجموعتهم - واحد منهم، بالتّحديد! - كان الخائن. كانت هناك أسباب جعلتهم ليس فقط يشعرون بالخوف، بل بالفشل أيضًا، فَهُم أناس لا قيمة لهم. في الماضي، بالتأكيد، اتخذوا مواقف شجاعة، وتبعوا المعلّم بحماس والتزام وسخاء، لكن في النهاية انهار كلّ شيء، لقد ساد الخوف وارتكبوا الخطيئة الكبرى: تركوا يسوع وحده في أشدّ الظروف. قبل الفصح كانوا يعتقدون أنّهم مدعوُّون إلى أمور عظيمة فتجادلوا في من يكون الأكبر بينهم وما إلى ذلك... والآن وجدوا أنفسهم على الحضيض.

في هذا الوضع جاءت التحيّة الأولى ”السَّلامُ علَيكم!“. كان يجب أن يشعر التلاميذ بالخجل، ولكنّهم فرحوا. لماذا؟ لأنّ ذلك الوجه، وتلك التحيّة، وذلك الكلام حوّل انتباههم عن أنفسهم إلى يسوع. في الواقع، يقول الإنجيل: "ففَرِحَ التَّلاميذُ لِمُشاهَدَتِهمِ الرَّبّ" (الآية 20). انصرفوا عن أنفسهم وعن إخفاقاتهم وجذبتهم عيناه، لا قسوة فيها، بل رحمة. لم يشتكي المسيح من الماضي، بل عاملهم بلطف كما فعل من قبل. وهذا ما أحياهم، وأفاض في قلوبهم السّلام الذي خسروه، وجعلهم أناسًا جددًا، طهرتهم المغفرة التي أُعطيت لهم بدون حسابات وبدون استحقاق.

هذا هو فرح يسوع، فرح شَعَرنا به نحن أيضًا عندما اختبرنا مغفرته. قد يصدف أن نشبه تلاميذ الفصح: بعد عثرة، وخطيئة، وفشل. في تلك اللحظات يبدو أنّه لم يعد بوسعنا أن نعمل شيئًا. لكن إذاك بالتّحديد الرّبّ يسوع يصنع كلّ شيء ليمنحنا سلامه: بالاعتراف، أو بكلمة من شخص يقترب منا، أو بتعزية يهبنا إياها الرّوح في داخلنا، أو بأمر ما يحدث غير متوقع ومفاجئ... بطرق مختلفة، الله يهتّم ليجعلنا نشعر بعناق رحمته، بالفرح الذي ينبع من الحصول على ”المغفرة والسّلام“. نعم، إنّ فرحَ الله هو فرحٌ ينبع من المغفرة ويترك فينا السّلام. إنّه على هذا النحو: ينبع من المغفرة ويترك فينا السّلام. وهو فرحٌ يرفعنا ولا يضعنا. أيّها الإخوة والأخوات، لنتذكر المغفرة والسّلام اللذَين نلناهما من يسوع. كلّ واحد منا قد نالهما. وكلّ واحد منا لديه خبرة في ذلك. لنتذكر قليلًا، وهذا سيفيدنا! ولنضع ذكرى عناق الله وملاطفته لنا أمام ذكرى أخطائنا وعثراتنا. هكذا نغذيّ الفرح فينا. لأنّه لا شيء يمكن أن يكون كما كان من قبل للذين يختبرون فرح الله! هذا الفرح سيغيرنا.

2. ”السَّلامُ علَيكم!“ قالها الرّبّ يسوع مرةً ثانية، وأضاف: "كما أَرسَلَني الآب أُرسِلُكم أَنا أَيضًا" (الآية 21). وأعطى التلاميذ الرّوح القدس ليجعلهم صانعي مصالحة. قال لهم: "مَن غَفَرتُم لَهم خَطاياهم تُغفَرُ لَهم" (الآية 23). لم ينالوا الرّحمة فقط، بل أصبحوا موزعين للرّحمة التي نالوها. لقد نالوا هذا السّلطان، ولكن ليس على أساس استحقاقهم ودراساتهم، لا، بل هو محض عطاء ونعمة، ومع ذلك فهي مرتبطة بخبرتهم لكونهم أناسًا غُفِرَ لهم. وأتوجّه إليكم، أنتم مرسلي الرّحمة: إذا لم يشعر كلّ واحد منكم بأنّه قد غُفِرَ له، توقّفوا ولا تكونوا مرسلين للرّحمة، حتى لحظة الشّعور بأنّه قد غُفِرَ لكم. ومن هذه الرّحمة التي نلتموها، ستكونون قادرين على تقديم الرّحمة الكثيرة، ومنح المغفرة الكثيرة. واليوم ودائمًا في الكنيسة، يجب أن تصل إلينا المغفرة بهذه الطريقة، من خلال طيبة قلبٍ متواضع لمعرِّفٍ رحيم، يعرف أنّه ليس صاحب سلطان، بل هو قناة رحمة، يفيض المغفرة على الآخرين، بعد أن غُفِرَ له أوّلًا. ومن هنا تأتي مغفرة كلّ شيء، لأنّ الله يغفر كلّ شيء، كلّ شيء ودائمًا. نحن الذين نتعب من طلب المغفرة، لكنّه هو يغفر دائمًا. وعليكم أنتم أن تكونوا قنوات لهذه المغفرة، من خلال خبرتكم لكونكم أناسًا غُفِرَ لهم. يجب ألّا نعذب المؤمنين الذين يأتون إلينا بخطاياهم، بل يجب أن نفهم ماذا يوجد، وأن نصغي ونغفر ونعطي النصيحة الحسنة، ونساعدهم في المضي قُدُّمًا. الله يغفر كلّ شيء: يجب ألّا نغلق هذا الباب...

"مَن غَفَرتُم لَهم خَطاياهم تُغفَرُ لَهم". هذه الكلمات هي أصل سرّ المصالحة، لكن ليست وحدها. جعل يسوع الكنيسة كلّها جماعة تمنح الرّحمة، وعلامة وأداة مصالحة للبشريّة. أيّها الإخوة والأخوات، نال كلّ واحدٍ منّا الرّوح القدس في المعموديّة لكي يكون رجلًا وامرأة للمصالحة. عندما نختبر فرح التحرّر من ثقل خطايانا وإخفاقاتنا، وعندما نعرف في شخصنا ماذا يعني أن نولد من جديد، بعد مرورنا بحالة حسبنا أن لا مخرج لها، إذاك يجب أن نتقاسم خبز الرّحمة مع الواقفين بقربنا. لنشعر بأنّنا مدعوّون إلى هذا. ولنسأل أنفسنا: هل أنا، هنا حيث أعيش، وفي عائلتي، وفي العمل، وفي جماعتي، أشجّع على الشّركة والوَحدة، وهل أنا ناسج للمصالحة؟ هل ألتزم في إيقاف النّزاعات، وأحمل المغفرة حيث توجد الكراهية، والسّلام حيث يوجد الحقد؟ أم هل أنا أقع في عالم الثرثرة الذي يقتل دائمًا؟ يسوع يبحث فينا عن شهود أمام العالم لكلماته هذه: السَّلامُ علَيكم!

3. السَّلامُ علَيكم! كرّر الرّبّ يسوع هذه الكلمات للمرّة الثّالثة عندما ظهر مرّة أخرى للتلاميذ بعد ثمانية أيام، ليثبّت إيمان توما الصّعب. أراد توما أن يرى ويلمس. والرّبّ يسوع لم يتشكّك من عدم إيمانه، بل لاقاه وقال له: "هاتِ إِصبَعَكَ إِلى هُنا فَانظُرْ يَدَيَّ" (آية 27). إنّها ليست كلمات تدلّ على التّحدي، بل على الرّحمة. تفهَّم يسوع صعوبة إيمان توما: ولم يعامله بقسوة، والرّسول اهتزّ في داخله أمام كلّ هذا اللطف الكثير. وهكذا تحوّل من غير مؤمن إلى مؤمن، واعترف بالإيمان الأجمل والأبسط، قائلًا: "رَبِّي وإِلهي!" (الآية 28). إنّه دعاء جميل، يمكننا أن نجعله دعاءنا ونكرّره خلال اليوم، خصوصًا عندما نشعر بالشّكّ والظلام، مثل توما.

لأنّنا نرى في توما قصّة كلّ إنسان مؤمن: فهناك لحظات صعبة، فيها يبدو أنّ الحياة تنكر الإيمان، ونحن في أزمة ونحتاج أن نلمس ونرى. لكن، مثل توما، هنا بالتّحديد نكتشف من جديد قلب الرّبّ يسوع ورحمته. في هذه الظّروف، لا يأتي يسوع نحونا بهيئة المنتصّر ومع أدلّة مقنعة، ولا يصنع معجزات باهرة، بل يقدّم علامات رحمة دافئة. إنّه يعزّينا بالأسلوب نفسه كما في إنجيل اليوم، إنّه يقدّم لنا جراحه. لا ننس هذا: أمام خطايانا، وأمام أسوأ خطيئة، نرتكبها نحن أو يرتكبها الآخرين، هناك دائمًا حضور الرّبّ يسوع الذي يقدّم جراحه. لا تنسَوا ذلك. وفي خدمتنا كمعرّفين، يجب أن نظهر للناس أنّ جروح الرّبّ يسوع أمام خطاياهم أقوى من الخطيئة.

ويجعلنا نكتشف أيضًا جراح الإخوة والأخوات. نعم، إن رحمة الله في أزماتنا وتعبنا تضعنا مرارًا في تواصل مع آلام الآخرين. كنّا نفكّر أنّنا نحن في ذروة الألَم، وفي أشدّ الصّعاب، ثم نكتشف هنا، في صمتنا، أنّ هناك أحدًا ما يمرُّ بأوقات أسوأ منّا. فإذا اعتنينا بجراح الآخرين وسكبنا عليهم رحمتنا، سيولد فينا رجاء جديد يعزّينا في تعبنا. لنسأل أنفسنا إذًا، هل لمسنا في الآونة الأخيرة جراح بعض المتألّمين في الجسّد أو الرّوح، وهل حملنا السّلام لجسد مجروح أو روح منكسرة، وهل خصّصنا بعض الوقت لنصغي ونرافق ونعزّي الآخرين. عندما نفعل هذا، نحن نلتقي بيسوع، ومن عيون الذين جرّبتهم الحياة، ينظر إلينا برحمة ويقول لنا: السَّلامُ علَيكم! ويروق لي أن أتأمّل في حضور سيّدتنا مريم العذراء بين الرّسل هناك، وكيف فكرنا فيها بعد العنصرة أنّها أمّ للكنيسة: يروق لي كثيرًا أن أتأمّل فيها يوم الاثنين، بعد أحد الرّحمة، بكونها أمّ الرّحمة: لتساعدنا أن نمضي قُدُّمًا في خدمتنا الجميلة.

[00608-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0286-XX.02]