Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


Veglia Pasquale nella Notte Santa di Pasqua, 30.03.2024


Omelia del Santo Padre

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua araba

Alle ore 19.30 di questa sera, il Santo Padre Francesco ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa.

Il Rito ha avuto inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l’Altare, con il cero pasquale acceso e il canto dell’Exultet, ha fatto seguito la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale, nel corso della quale il Papa ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a 8 neofiti.

Pubblichiamo di seguito l’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato dopo la proclamazione del Vangelo:

Omelia del Santo Padre

Le donne vanno al sepolcro alle prime luci dell’alba, ma dentro di sé conservano il buio della notte. Pur essendo in cammino, sono ancora ferme: il loro cuore è rimasto ai piedi della croce. Annebbiate dalle lacrime del Venerdì Santo, sono paralizzate dal dolore, sono rinchiuse nella sensazione che ormai sia tutto finito, che sopra la vicenda di Gesù sia stata messa una pietra. E proprio la pietra è al centro dei loro pensieri. Si chiedono infatti: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?» (Mc 16,3). Quando arrivano sul luogo, però, la sorprendente potenza della Pasqua le sconvolge: «alzando lo sguardo – dice il testo – osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande» (Mc 16,4).

Fermiamoci, cari fratelli e sorelle, su questi due momenti, che ci portano alla gioia inaudita della Pasqua: in un primo momento, le donne si chiedono angosciate chi farà rotolare via la pietra; poi, secondo momento, alzando lo sguardo, vedono che essa è già stata fatta rotolare.

Anzitutto – primo momento – c’è la domanda che assilla il loro cuore spezzato dal dolore: chi ci farà rotolare via la pietra dal sepolcro? Quella pietra rappresentava la fine della storia di Gesù, sepolta nella notte della morte. Lui, la vita venuta nel mondo, è stato ucciso; Lui, che ha manifestato l’amore misericordioso del Padre, non ha ricevuto pietà; Lui, che ha sollevato i peccatori dal peso della condanna, è stato condannato alla croce. Il Principe della pace, che aveva liberato un’adultera dalla furia violenta delle pietre, giace sepolto dietro una grossa pietra. Quel masso, ostacolo insormontabile, era il simbolo di ciò che le donne portavano nel cuore, il capolinea della loro speranza: contro di esso tutto si era infranto, con il mistero oscuro di un tragico dolore che aveva impedito ai loro sogni di realizzarsi.

Fratelli e sorelle, questo può accadere anche a noi. A volte sentiamo che una pietra tombale è stata pesantemente poggiata all’ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnando la fiducia, imprigionandoci nel sepolcro delle paure e delle amarezze, bloccando la via verso la gioia e la speranza. Sono “macigni della morte” e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l’entusiasmo e la forza di andare avanti: nelle sofferenze che ci toccano e nelle morti delle persone care, che lasciano in noi vuoti incolmabili; li incontriamo nei fallimenti e nelle paure che ci impediscono di compiere quanto di buono abbiamo a cuore; li troviamo in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e non ci permettono di aprirci all’amore; li troviamo nei muri di gomma dell’egoismo – sono veri muri di gomma –, egoismo e indifferenza, che respingono l’impegno a costruire città e società più giuste e a misura d’uomo; li troviamo in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra. Quando sperimentiamo queste delusioni, abbiamo la sensazione che tanti sogni siano destinati ad essere infranti e anche noi ci chiediamo angosciati: chi ci rotolerà la pietra dal sepolcro?

Eppure, queste stesse donne che avevano il buio nel cuore ci testimoniano qualcosa di straordinario: alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. Ecco la Pasqua di Cristo, ecco la forza di Dio: la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza dentro le macerie del fallimento. È il Signore, il Dio dell’impossibile che, per sempre, ha rotolato via la pietra e ha cominciato ad aprire i nostri cuori, perché la speranza non abbia fine. Verso di Lui, allora, anche noi dobbiamo alzare lo sguardo.

E allora - secondo momento – : alziamo lo sguardo a Gesù: Egli, dopo aver assunto la nostra umanità, è disceso negli abissi della morte e li ha attraversati con la potenza della sua vita divina, aprendo uno squarcio infinito di luce per ciascuno di noi. Risuscitato dal Padre nella sua, nella nostra carne con la forza dello Spirito Santo, ha aperto una pagina nuova per il genere umano. Da quel momento, se ci lasciamo prendere per mano da Gesù, nessuna esperienza di fallimento e di dolore, per quanto ci ferisca, può avere l’ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita. Da quel momento, se ci lasciamo afferrare dal Risorto, nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potranno arrestare il nostro cammino verso la pienezza della vita. Da quel momento, «noi cristiani diciamo che questa storia … ha un senso, un senso che abbraccia ogni cosa, un senso che non è più contaminato da assurdità e oscurità … un senso che noi chiamiamo Dio … Verso di lui confluiscono tutte le acque della nostra trasformazione; esse non sprofondano negli abissi del nulla e dell’assurdità … poiché il suo sepolcro è vuoto e lui, che era morto, si è mostrato come il vivente» (K. Rahner, Che cos’è la risurrezione? Meditazioni sul Venerdì santo e sulla Pasqua, Brescia 2005, 33-35).

Fratelli e sorelle, Gesù è la nostra Pasqua, Lui è Colui che ci fa passare dal buio alla luce, che si è legato a noi per sempre e ci salva dai baratri del peccato e della morte, attirandoci nell’impeto luminoso del perdono e della vita eterna. Fratelli e sorelle, alziamo lo sguardo a Lui, accogliamo Gesù, Dio della vita, nelle nostre vite, rinnoviamogli oggi il nostro “sì” e nessun macigno potrà soffocarci il cuore, nessuna tomba potrà rinchiudere la gioia di vivere, nessun fallimento potrà relegarci nella disperazione. Fratelli e sorelle, alziamo lo sguardo a Lui e chiediamogli che la potenza della sua risurrezione rotoli via i massi che ci opprimono l’anima. Alziamo lo sguardo a Lui, il Risorto, e camminiamo nella certezza che sul fondo oscuro delle nostre attese e delle nostre morti è già presente la vita eterna che Egli è venuto a portare.

Sorella, fratello, esploda di giubilo il tuo cuore in questa notte, in questa notte santa! Insieme cantiamo la risurrezione di Gesù: «Cantatelo, cantatelo tutti, fiumi e pianure, deserti e montagne … cantate il Signore della vita che sorge dalla tomba, più splendente di mille soli. Popoli spezzati dal male e percossi dall’ingiustizia, popoli senza luogo, popoli martiri, allontanate in questa notte i cantori della disperazione. L’uomo dei dolori non è più in prigione: ha aperto una breccia nel muro, si affretta a venire presso di voi. Nasca nel buio il grido inatteso: è vivo, è risorto! E voi, fratelli e sorelle, piccoli e grandi … voi nella fatica del vivere, voi che vi sentite indegni di cantare … una fiamma nuova traversi il vostro cuore, una freschezza nuova pervada la vostra voce. È la Pasqua del Signore – fratelli e sorelle – è la festa dei viventi» (J-Y. Quellec, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

Les femmes se rendent au tombeau aux premières lueurs du jour, mais elles gardent en elles les ténèbres de la nuit. Bien qu’elles soient en chemin, elles sont encore immobiles : leur cœur est resté au pied de la croix. Encore étourdies par les larmes du Vendredi saint, elles sont paralysées par la douleur, elles sont enfermées dans le sentiment que tout est maintenant fini, qu’une pierre a été posée sur l’histoire de Jésus. C’est justement la pierre qui est au centre de leurs pensées. Elles se demandent : « Qui nous roulera la pierre pour dégager l’entrée du tombeau ? » (Mc 16, 3). Mais lorsqu’elles arrivent sur place, la force surprenante de Pâques les bouleverse : « Levant les yeux - dit le texte - elles s’aperçoivent qu’on a roulé la pierre, qui était pourtant très grande » (Mc 16, 4).

Arrêtons-nous, chers frères et sœurs, sur ces deux moments qui nous conduisent à la joie inouïe de Pâques : dans un premier temps, les femmes se demandent avec angoisse qui roulera la pierre ; dans un deuxième temps, levant les yeux, elles voient que la pierre a déjà été roulée.

Tout d’abord – premier temps – il y a la question qui hante leurs cœurs brisés par la douleur : qui roulera la pierre du tombeau pour nous ? Cette pierre représentait la fin de l’histoire de Jésus, enseveli dans la nuit de la mort. Lui, la vie venue dans le monde, il a été tué ; Lui qui a manifesté l’amour miséricordieux du Père, on ne lui a pas fait pitié; Lui qui a libéré les pécheurs du poids de la condamnation, il a été condamné à la croix. Le Prince de la paix qui avait délivré une femme adultère de la fureur violente des pierres, git enseveli derrière une grosse pierre. Cette pierre, obstacle insurmontable, était le symbole de ce que les femmes portaient dans leur cœur, le point final de leur espérance : tout s’était brisé contre elle, avec le sombre mystère d’une douleur tragique qui avait empêché la réalisation de leurs rêves.

Frères et sœurs, cela peut nous arriver aussi. Nous sentons parfois qu’une pierre tombale a été lourdement placée à l’entrée de notre cœur, étouffant la vie, éteignant la confiance, nous emprisonnant dans le tombeau des peurs et de l’amertume, bloquant le chemin vers la joie et l’espérance. Ce sont des “pierres de la mort” et nous les rencontrons le long du chemin, dans toutes ces expériences et ces situations qui nous volent l’enthousiasme et la force d’avancer : dans les souffrances qui nous touchent et dans la mort d’êtres chers qui laissent en nous des vides insurmontables; nous les rencontrons dans les échecs et les peurs qui nous empêchent d’accomplir le bien qui nous tient à cœur ; nous les rencontrons dans toutes les fermetures qui freinent nos élans de générosité et ne nous permettent pas de nous ouvrir à l’amour ; nous les rencontrons dans les murs de caoutchouc de l’égoïsme – ce sont de véritables murs de caoutchouc – égoïsme et indifférence qui repoussent l’engagement à construire des villes et des sociétés plus justes et à taille humaine ; nous les rencontrons dans toutes les aspirations à la paix brisées par la cruauté de la haine et la férocité de la guerre. Lorsque nous vivons ces déceptions, nous avons le sentiment que nombre de rêves sont destinés à être brisés, et nous nous demandons, nous aussi, avec angoisse : qui nous roulera la pierre du tombeau ?

Pourtant, ces mêmes femmes qui avaient les ténèbres dans le cœur témoignent d’une chose extraordinaire : en levant les yeux, elles ont vu que la pierre avait déjà été roulée, alors qu’elle était très grande. Voilà la Pâque du Christ, voici la force de Dieu : la victoire de la vie sur la mort, le triomphe de la lumière sur les ténèbres, la renaissance de l’espérance dans les décombres de l’échec. C’est le Seigneur, le Dieu de l’impossible, qui a roulé pour toujours la pierre et commencé à ouvrir nos cœurs, pour que l’espérance n’ait pas de fin. C’est donc vers Lui que nous devons, nous aussi, lever les yeux.

Et alors – deuxième temps –: levons nos yeux vers Jésus. Après avoir assumé notre humanité, il est descendu dans les abîmes de la mort et les a traversés par la puissance de sa vie divine, ouvrant une brèche de lumière infinie pour chacun. Ressuscité par le Père dans sa chair, dans notre chair, par la force de l’Esprit Saint, il a ouvert une page nouvelle pour le genre humain. Dès lors, si nous laissons Jésus nous prendre par la main, aucune expérience d’échec et de douleur, aussi douloureuse soit-elle, ne peut avoir le dernier mot sur le sens et le destin de notre vie. Désormais, si nous nous laissons saisir par le Ressuscité, aucune défaite, aucune souffrance, aucune mort ne pourra arrêter notre marche vers la plénitude de la vie. Dorénavant, « nous, chrétiens, nous disons que cette histoire ... a un sens, un sens qui embrasse toute chose, un sens qui n’est plus corrompu par des absurdités et des obscurités ... un sens que nous appelons Dieu ... C’est vers Lui que confluent toutes les eaux de notre transformation ; elles ne s’enfoncent pas dans les abîmes du néant et de l’absurde ... parce que son tombeau est vide et que Lui, qui était mort, s’est montré comme le vivant » (K. RAHNER, Qu'est-ce que la Résurrection ? Méditations sur le Vendredi saint et Pâques, Brescia 2005, 33-35).

Frères et sœurs, Jésus est notre Pâque, Il est Celui qui nous fait passer des ténèbres à la lumière, qui s’est lié à nous pour toujours et nous sauve des abîmes du péché et de la mort, nous entraînant dans la ruée lumineuse du pardon et de la vie éternelle. Frères et sœurs, levons les yeux vers Lui, accueillons Jésus, le Dieu de la vie, dans nos vies, renouvelons-Lui notre “oui” aujourd'hui, et aucune pierre ne pourra étouffer nos cœurs, aucune tombe ne pourra enfermer la joie de vivre, aucun échec ne pourra nous condamner au désespoir. Frères et sœurs, levons les yeux vers Lui et demandons-Lui que la puissance de sa résurrection fasse rouler les pierres qui oppressent nos âmes. Levons les yeux vers Lui, le Ressuscité, et marchons avec la certitude que, sur le fond obscur de nos attentes et de nos morts, se trouve déjà la vie éternelle qu’Il est venu apporter.

Sœur, frère, que ton cœur explose de joie en cette nuit sainte, en cette nuit sainte! chantons ensemble la résurrection de Jésus : « Chantez, chantez-le tous, fleuves et plaines, déserts et montagnes... chantez le Seigneur de la vie qui sort du tombeau, plus brillant que mille soleils. Peuples brisés par le mal et meurtris par l'injustice, peuples sans place, peuples martyrs, chassez en cette nuit les chantres du désespoir. L'homme des douleurs n'est plus en prison : il a ouvert une brèche dans la muraille, il se hâte de venir à vous. Que le cri inattendu s'élève dans les ténèbres : il est vivant, il est ressuscité ! Et vous, frères et sœurs, petits et grands ... vous qui êtes dans la misère, vous qui vous sentez indignes de chanter ... une flamme nouvelle traverse votre cœur, une fraîcheur nouvelle imprègne votre voix. C’est la Pâque du Seigneur – frères et sœurs – c’est la fête des vivants » (J-Y. QUELLEC, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-FR.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

         The women go to the tomb at daybreak, yet they still feel the darkness of night.  They continue to walk, yet their hearts remain at the foot of the cross.  The tears of Good Friday are not yet dried; they are grief-stricken, overwhelmed by the sense that all has been said and done.  A stone has sealed the fate of Jesus.  They are concerned about that stone, for they wonder: “Who will roll away the stone for us from the entrance to the tomb?” (Mk 16:3).  Yet once they arrive, they are taken aback when they see the amazing power of the Easter event: “When they looked up, they saw that the stone, which was very large, had already been rolled back” (Mk 16:4).

         Dear brothers and sisters, let us stop and reflect on these two moments, which bring us to the unexpected joy of Easter.  At first, the women anxiously wonder: Who will roll away the stone from the tomb?  Then, at a second moment, looking up, they see that it had already been rolled back.

         First, there is the question that troubles their grieving hearts: Who will roll away the stone from the tomb?  That stone marked the end of Jesus’ story, now buried in the night of death.  He, the life that came into the world, had been killed.  He, who proclaimed the merciful love of the Father, had met with no mercy.  He, who relieved sinners of the burden of their condemnation, had been condemned to the cross.  The Prince of Peace, who freed a woman caught in adultery from a vicious stoning, now lay buried behind a great stone.  That stone, an overwhelming obstacle, symbolized what the women felt in their hearts.  It represented the end of their hopes, now dashed by the obscure and sorrowful mystery that put an end to their dreams.

         Brothers and sisters, it can also be that way with us.  There are times when we may feel that a great stone blocks the door of our hearts, stifling life, extinguishing hope, imprisoning us in the tomb of our fears and regrets, and standing in the way of joy and hope.  We encounter such “tombstones” on our journey through life in all the experiences and situations that rob us of enthusiasm and of the strength to persevere.  We encounter them at times of sorrow: in the emptiness left by the death of our loved ones; we encounter them in the failures and fears that hold us back from accomplishing the good we mean to do.  We encounter them in all the forms of self-absorption that stifle our impulses to generosity and sincere love, in the rubber walls, the real rubber walls, of selfishness and indifference that hold us back in the effort to build more just and humane cities and societies; we encounter them in all our aspirations for peace that are shattered by cruel hatred and the brutality of war.  When we experience these disappointments, do we also have the sensation that all these dreams are doomed to failure, and that we too should ask ourselves in anguish: “Who will roll away the stone from the tomb?”

         Yet the same women who bore this darkness in their hearts tell us something quite extraordinary.  When they looked up, they saw that the stone, which was very large, had already been rolled back.  This is the Pasch of Christ, the revelation of God’s power: the victory of life over death, the triumph of light over darkness, the rebirth of hope amid the ruins of failure.  It is the Lord, the God of the impossible, who rolled away the stone forever.  Even now, he opens our hearts, so that hope may be born ever anew.  We too, then, should “look up” to him.

         The second moment: let us look up, then, to Jesus.  After assuming our humanity, he descended into the depths of death and filled them with the power of his divine life, allowing an infinite ray of light to break through for each of us.  Raised up by the Father in his, and our, flesh, in the power of the Holy Spirit, he turned a new page in the history of the human race.  Henceforth, if we allow Jesus to take us by the hand, no experience of failure or sorrow, however painful, will have the last word on the meaning and destiny of our lives.  Henceforth, if we allow ourselves to be raised up by the Risen Lord, no setback, no suffering, no death will be able to halt our progress towards the fullness of life.  Henceforth, “we Christians proclaim that this history… has meaning, an all-embracing meaning… a meaning no longer tainted by absurdity and shadows… a meaning that we call God…  All the waters of our transformation converge on him; they do not pour down into the depths of nothingness and absurdity…  For his tomb is empty and the One who died has now been revealed as the Living One” (K. RAHNER, Wie heisst Auferstehung?).

         Brothers and sisters, Jesus is our Pasch.  He is the One who brings us from darkness into light, who is bound to us forever, who rescues us from the abyss of sin and death, and draws us into the radiant realm of forgiveness and eternal life.  Brothers and sisters, let us look up to him!  Let us welcome Jesus, the God of life, into our lives, and today once again say “yes” to him.  Then no stone will block the way to our hearts, no tomb will suppress the joy of life, no failure will doom us to despair.  Brothers and sisters, let us lift our eyes to him and ask that the power of his resurrection may roll away the heavy stones that weigh down our souls.  Let us lift our eyes to him, the Risen Lord, and press forward in the certainty that, against the obscure backdrop of our failed hopes and our deaths, the eternal life that he came to bring is even now present in our midst.

         Sister, brother, let your heart burst with jubilation on this night, this holy night!  Together let us sing of Jesus’ resurrection: “Sing to him, everything sing to him: rivers and plains, deserts and mountains …  Sing to the Lord of life, risen from the tomb, more brilliant than a thousand suns.  All peoples beset by evil and plagued by injustice, all peoples displaced and devastated: on this holy night cast aside your songs of sadness and despair.  The Man of Sorrows is no longer in prison: he has opened a breach in the wall; he is hastening to meet you.  In the darkness, let an unexpected shout of joy resound: He is alive; he is risen!  And you, my brothers and sisters, small and great ... you who are weary of life, who feel unworthy to sing… let a new flame be kindled in your heart, let new vitality be heard in your voice.  It is the Pasch of the Lord, brothers and sisters; it is the feast of the living” (J-Y. QUELLEC, Dieu face nord, Ottignies, 1998, 85-86).

[00553-EN.02] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Die Frauen gehen bei den ersten Strahlen des Morgengrauens zum Grab, doch in ihrem Inneren behalten sie die Dunkelheit der Nacht. Obwohl sie unterwegs sind, stehen sie noch immer still: Ihr Herz ist am Fuße des Kreuzes geblieben. Benommen von den Tränen des Karfreitags, sind sie von der Trauer gelähmt, sind sie gefangen in dem Gefühl, dass nun alles vorbei ist, dass ein Felsbrocken die Geschichte Jesu besiegelte. Und gerade der Stein befindet sich im Mittelpunkt ihrer Gedanken. Denn sie fragen sich: »Wer könnte uns den Stein vom Eingang des Grabes wegwälzen?« (Mk 16,3). Als sie jedoch an den Ort kommen, überwältigt sie die überraschende Kraft von Ostern: »Doch als sie hinblickten«, heißt es im Text, »sahen sie, dass der Stein schon weggewälzt war; er war sehr groß« (Mk 16,4).

Liebe Brüder und Schwestern, halten wir bei diesen beiden Momenten inne, die uns zu der beispiellosen Osterfreude führen: In einem ersten Moment fragen sich die Frauen ängstlich, wer den Stein wegrollen wird; dann, der zweite Moment, blicken sie hin und sehen, dass er bereits weggerollt worden ist.

Da ist zunächst – der erste Moment die Frage, die ihre durch Trauer gebrochenen Herzen bedrängt: Wer wird für uns den Stein vom Grab wegrollen? Jener Stein stand für das Ende der Geschichte Jesu, begraben in der Nacht des Todes. Er, das Leben, das in die Welt gekommen ist, ist getötet worden; ihm, der die barmherzige Liebe des Vaters offenbart hat, ist kein Erbarmen gezeigt worden; er, der die Sünder von der Last der Verdammnis befreit hat, ist zum Tod am Kreuz verurteilt worden. Der Friedensfürst, der eine Ehebrecherin vor dem brutalen Wüten der Steine gerettet hatte, liegt hinter einem großen Stein begraben. Jener Felsen, ein unüberwindliches Hindernis, war das Symbol für das, was die Frauen im Herzen trugen, die Endstation ihrer Hoffnung: An ihm war alles zerbrochen, durch das Geheimnis im Dunkeln eines tragischen Schmerzes, der die Verwirklichung ihrer Träume verhindert hatte.

Brüder und Schwestern, das kann auch uns passieren. Manchmal haben wir das Gefühl, dass ein Grabstein vor den Eingang unseres Herzens gewälzt wurde, der das Leben erstickt, die Zuversicht auslöscht, uns im Grab der Ängste und der Bitterkeit einsperrt und uns den Weg zu Freude und Hoffnung versperrt. Das sind „Felsbrocken des Todes“ und wir begegnen ihnen entlang unseres Weges in all jenen Erfahrungen und Situationen, die uns den Enthusiasmus und die Kraft zum Weitermachen rauben: in den Leiden, die uns treffen, und im Tod geliebter Menschen, die nicht mehr zu schließende Lücken in uns hinterlassen; wir begegnen ihnen in den Misserfolgen und Ängsten, die uns daran hindern, das Gute zu tun, das uns am Herzen liegt; wir finden sie in allem Sich-verschließen, das unseren Impuls zur Großzügigkeit bremst und uns nicht erlaubt, uns für die Liebe zu öffnen; wir finden sie in den Gummiwänden des Egoismus – sie sind wirkliche Gummiwände , Egoismus und Gleichgültigkeit, die den Einsatz für den Aufbau gerechterer und menschlicherer Städte und Gesellschaften zurückweisen; wir finden sie in all der Sehnsucht nach Frieden, die durch die Unbarmherzigkeit des Hasses und die Grausamkeit des Krieges gebrochen wird. Wenn wir diese Enttäuschungen erleben, haben wir das Gefühl, dass viele Träume zum Scheitern verurteilt sind, und auch wir fragen uns ängstlich: Wer wird für uns den Stein vom Grab wegrollen?

Und doch bezeugen uns diese Frauen, die die Dunkelheit in ihrem Herzen trugen, etwas Außergewöhnliches: Als sie hinblickten, sahen sie, dass der Stein schon weggewälzt war; er war sehr groß. Dies ist das Osterfest Christi, dies ist die Macht Gottes: der Sieg des Lebens über den Tod, der Triumph des Lichts über die Finsternis, das Wiederaufblühen der Hoffnung inmitten der Trümmer des Scheiterns. Es ist der Herr, der Gott des Unmöglichen, der den Stein für immer weggerollt und unsere Herzen zu öffnen begonnen hat, damit die Hoffnung niemals endet. Zu ihm müssen also auch wir blicken.

Und dann – der zweite Moment – lasst uns auf Jesus blicken: Nachdem er unsere Menschheit angenommen hatte, ist er in den Abgrund des Todes hinabgestiegen und hat ihn in der Kraft seines göttlichen Lebens durchquert, sodass er für einen jeden von uns einen unermesslichen Spalt des Lichts geöffnet hat. Auferweckt durch den Vater in seinem, in unserem Fleisch hat er durch die Kraft des Heiligen Geistes eine neue Seite für das Menschengeschlecht aufgeschlagen. Von jenem Augenblick an, kann keine Erfahrung des Scheiterns und des Schmerzes, egal wie sehr sie uns verletzt, das letzte Wort über den Sinn und das Schicksal unseres Lebens haben, wenn wir uns von Jesus an die Hand nehmen lassen. Von jenem Augenblick an kann keine Niederlage, kein Leid und kein Tod unsere Reise zur Fülle des Lebens aufhalten, wenn wir uns von dem Auferstandenen ergreifen lassen. Von jenem Augenblick an sagen wir Christen, »dass die ganze Geschichte einen Sinn hat, einen alles umfassenden Sinn, der nicht mehr gemischt ist mit Unsinn und Finsternis ... einen Sinn, den wir Gott nennen ... Zu ihm fließen alle Wasser unseres Wandels hin, sie versinken nicht in der Bodenlosigkeit des Nichts und der Sinnlosigkeit ... Weil sein Grab ist leer und er, der tot war, sich als der Lebendige erwiesen hat« (vgl. K. Rahner, Sämtliche Werke, Bd. 14: Christliches Leben. Aufsätze – Betrachtungen – Predigten. Freiburg 2006, 173-175).

Brüder und Schwestern, Jesus ist unser Osterfest, er ist derjenige, der uns von der Dunkelheit ins Licht treten lässt, der sich für immer an uns gebunden hat und uns aus den Abgründen der Sünde und des Todes rettet, indem er uns in den lichterfüllten Glanz der Vergebung und des ewigen Lebens zieht. Brüder und Schwestern, blicken wir auf ihn, heißen wir Jesus, den Gott des Lebens, in unserem Leben willkommen, erneuern wir ihm gegenüber heute unser „Ja“ und kein Felsbrocken wird unsere Herzen ersticken, kein Grab wird die Freude am Leben einsperren, kein Versagen wird uns in die Verzweiflung stürzen können. Brüder und Schwestern, blicken wir auf ihn und bitten wir ihn, dass die Kraft seiner Auferstehung die Felsbrocken zur Seite wälzen möge, die unsere Seele bedrücken. Blicken wir auf ihn, den Auferstandenen, und seien wir in der Gewissheit unterwegs, dass auf dem dunklen Grund unserer Erwartungen und unseres Todes bereits das ewige Leben zu finden ist, das er uns bringen wollte.

Schwester, Bruder, möge dein Herz in dieser Nacht, in dieser heiligen Nacht in Jubel ausbrechen! Lasst uns gemeinsam die Auferstehung Jesu besingen: »Singt es, singt es alle, Flüsse und Ebenen, Wüsten und Berge ... singt dem Herrn des Lebens, der aus dem Grab auferstanden ist, heller als tausend Sonnen. Völker, die vom Bösen zerbrochen und von Ungerechtigkeit zerschlagen sind, Völker, die keinen Ort haben, gemarterte Völker, vertreibt in dieser Nacht die Sänger der Verzweiflung. Der Schmerzensmann ist nicht mehr im Gefängnis: Er hat eine Bresche in die Mauer geschlagen, er eilt zu euch. In der Dunkelheit soll sich der unerwartete Ruf erheben: Er lebt, er ist auferstanden! Und ihr, Brüder und Schwestern, kleine und große ... ihr, die ihr euch mühsam durchs Leben schlagt, ihr, die ihr euch zu singen unwürdig fühlt... eine neue Flamme möge euer Herz durchdringen, eine neue Frische eure Stimme erfüllen. Es ist das Osterfest des Herrn – Brüder und Schwestern – es ist das Fest der Lebenden« (J-Y. Quellec, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-DE.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

Las mujeres van al sepulcro a la luz del amanecer, pero dentro de sí llevan aún la oscuridad de la noche. Aunque van de camino, siguen paralizadas, su corazón se ha quedado a los pies de la cruz. Su vista está nublada por las lágrimas del Viernes Santo, se encuentran inmovilizadas por el dolor, están encerradas en la sensación de que se ha terminado todo, y que el acontecimiento de Jesús ha sido ya sellado con una piedra. Y es precisamente la piedra la que está en el centro de sus pensamientos. Se preguntan: «¿Quién nos correrá la piedra de la entrada del sepulcro?» (Mc 16,3). Cuando llegan al lugar, sin embargo, la fuerza sorprendente de la Pascua las impacta: «al mirar —dice el texto—, vieron que la piedra había sido corrida; era una piedra muy grande» (Mc 16,4).

Detengámonos, queridos hermanos y hermanas, a considerar estos dos momentos, que nos llevan a la alegría inaudita de la Pascua: en primer lugar, las mujeres se preguntan angustiadas quién nos correrá la piedra, en segundo lugar, al mirar, ven que ya había sido corrida.

Para empezar —primer momento— está la pregunta que abruma su corazón partido por el dolor: ¿quién nos correrá la piedra del sepulcro? Esa piedra representa el final de la historia de Jesús, sepultada en la oscuridad de la muerte. Él, la vida que vino al mundo, ha muerto; Él, que manifestó el amor misericordioso del Padre, no recibió misericordia; Él, que alivió a los pecadores del yugo de la condena, fue condenado a la cruz. El Príncipe de la paz, que liberó a una adúltera de la furia violenta de las piedras, yace en el sepulcro detrás de una gran piedra. Aquella roca, obstáculo infranqueable, era el símbolo de lo que las mujeres llevaban en el corazón, el final de su esperanza. Todo se había hecho pedazos contra esta losa, con el misterio oscuro de un trágico dolor que había impedido hacer realidad sus sueños.

Hermanos y hermanas, esto nos puede suceder también a nosotros. A veces sentimos que una lápida ha sido colocada pesadamente en la entrada de nuestro corazón, sofocando la vida, apagando la confianza, encerrándonos en el sepulcro de los miedos y de las amarguras, bloqueando el camino hacia la alegría y la esperanza. Son “escollos de muerte” y los encontramos, a lo largo del camino, en todas las experiencias y situaciones que nos roban el entusiasmo y la fuerza para seguir adelante; en los sufrimientos que nos asaltan y en la muerte de nuestros seres queridos, que dejan en nosotros vacíos imposibles de colmar; los encontramos en los fracasos y en los miedos que nos impiden realizar el bien que deseamos; los encontramos en todas las cerrazones que frenan nuestros impulsos de generosidad y no nos permiten abrirnos al amor; los encontramos en los muros del egoísmo y de la indiferencia, que repelen el compromiso por construir ciudades y sociedades más justas y dignas para el hombre; los encontramos en todos los anhelos de paz quebrantados por la crueldad del odio y la ferocidad de la guerra. Cuando experimentamos estas desilusiones, tenemos la sensación de que muchos sueños están destinados a hacerse añicos y también nosotros nos preguntamos angustiados: ¿quién nos correrá la piedra del sepulcro?

Y, sin embargo, aquellas mismas mujeres que tenían la oscuridad en el corazón nos testifican algo extraordinario: al mirar, vieron que la piedra había sido corrida; era una piedra muy grande. Es la Pascua de Cristo, la fuerza de Dios, la victoria de la vida sobre la muerte, el triunfo de la luz sobre las tinieblas, el renacimiento de la esperanza entre los escombros del fracaso. Es el Señor, el Dios de lo imposible que, para siempre, hizo correr la piedra y comenzó a abrir nuestros corazones, para que la esperanza no tenga fin. Hacia Él, entonces, también nosotros debemos mirar.

Y ahora —el segundo momento— miremos a Jesús. Él, después de haber asumido nuestra humanidad, bajó a los abismos de la muerte y los atravesó con la potencia de su vida divina, abriendo una brecha infinita de luz para cada uno de nosotros. Resucitado por el Padre en su carne, que también es la nuestra con la fuerza del Espíritu Santo, abrió una página nueva para la humanidad. Desde aquel momento, si nos dejamos llevar de la mano por Jesús, ninguna experiencia de fracaso o de dolor, por más que nos hiera, puede tener la última palabra sobre el sentido y el destino de nuestra vida. Desde aquel momento, si nos dejamos aferrar por el Resucitado, ninguna derrota, ningún sufrimiento, ninguna muerte podrá detener nuestro camino hacia la plenitud de la vida. Desde aquel momento, “nosotros los cristianos decimos que la historia tiene un sentido, un sentido que abraza todo, un sentido que no está contaminado por el absurdo y la oscuridad, un sentido que nosotros llamamos Dios. Hacia Él confluyen todas las aguas de nuestra transformación; estas no se hunden en los abismos de la nada y del absurdo porque su sepulcro está vacío y Él, que estaba muerto, se ha mostrado como viviente” (K. Rahner, Che cos’è la risurrezione? Meditazione sul Venerdì santo e sulla Pasqua, Brescia 2005, 33-35).

Hermanos y hermanas, Jesús es nuestra Pascua, Él es Aquel que nos hace pasar de la oscuridad a la luz, que se ha unido a nosotros para siempre y nos salva de los abismos del pecado y de la muerte, atrayéndonos hacia el ímpetu luminoso del perdón y de la vida eterna. Hermanos y hermanas, mirémoslo a Él, acojamos a Jesús, Dios de la vida, en nuestras vidas, renovémosle hoy nuestro “sí” y ningún escollo podrá sofocar nuestro corazón, ninguna tumba podrá encerrar la alegría de vivir, ningún fracaso podrá llevarnos a la desesperación. Hermanos y hermanas, mirémoslo a Él y pidámosle que la potencia de su resurrección corra las rocas que oprimen nuestra alma. Mirémoslo a Él, el Resucitado, y caminemos con la certeza de que en el trasfondo oscuro de nuestras expectativas y de nuestra muerte está ya presente la vida eterna que Él vino a traer.

Hermana, hermano, deja que tu corazón estalle de júbilo en esta noche, en esta noche santa. Cantemos la resurrección de Jesús juntos: «Cantadlo, cantadlo todos, ríos y llanuras, desiertos y montañas […] cantad al Señor de la vida que surge desde la tumba, más brillante que mil soles. Pueblos destruidos por el mal y golpeados por la injusticia, pueblos sin tierra, pueblos mártires, alejad en esta noche los cantores de la desesperación. El varón de dolores ya no está en prisión, ha abierto una brecha en el muro, se da prisa por llegar hasta nosotros. Que nazca de la oscuridad el grito inesperado: está vivo, ha resucitado. Y vosotros, hermanos y hermanas, pequeños y grandes […] vosotros en el esfuerzo de vivir, vosotros que os sentís indignos de cantar […] que una llama nueva atraviese vuestro corazón, que un frescor nuevo invada vuestra voz. Es la Pascua del Señor —hermanos y hermanas— es la fiesta de los vivientes» (J-Y. Quellec, Dieu par la face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-ES.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

As mulheres vão ao túmulo às primeiras luzes do alvorecer, mas dentro delas conservam a escuridão da noite. Embora estejam a caminho, continuam ainda paradas: o seu coração ficou aos pés da cruz. Anuviadas pelas lágrimas de Sexta-Feira Santa, estão paralisadas pelo sofrimento, estão fechadas na sensação que tudo acabou, foi colocada uma pedra sobre o caso Jesus. E é precisamente uma pedra a dar-lhes que pensar. De facto, perguntam-se: «Quem nos irá tirar a pedra da entrada do sepulcro?» (Mc 16, 3). Mas, quando chegam ao local, será a força surpreendente da Páscoa a maravilhá-las: «Olharam – diz o texto – e viram que a pedra tinha sido rolada para o lado; e era muito grande» (Mc 16,4).

Detenhamo-nos, queridos irmãos e irmãs, nestes dois momentos que nos levam à alegria inaudita da Páscoa: num primeiro momento, as mulheres perguntam-se, angustiadas, quem faria rolar a pedra; mas depois, no segundo momento, erguendo os olhos, veem que aquela já tinha sido rolada.

Antes de mais nada – primeiro momento – temos a pergunta que preocupa o seu coração lacerado pelo sofrimento: quem nos fará rolar a pedra do sepulcro? Aquela pedra representava o fim da história de Jesus, sepultado na noite da morte. Ele, a vida que veio ao mundo, foi morto; Ele, que manifestou o amor misericordioso do Pai, não recebeu compaixão; Ele, que aliviou os pecadores do peso da condenação, foi condenado à cruz. O Príncipe da Paz, que libertara uma adúltera da fúria violenta das pedras, jaz sepultado no interior duma grande pedra. Aquele maciço, obstáculo intransponível, era o símbolo do que as mulheres levavam no coração, ou seja, o fim da sua esperança: tudo se despedaçara contra ele, com o mistério sombrio dum sofrimento dramático que impedia a realização dos seus sonhos.

Irmãos e irmãs, o mesmo pode acontecer connosco também. Às vezes sentimos que uma pedra tumular foi pesadamente instalada à entrada do nosso coração, sufocando a vida, extinguindo a confiança, encarcerando-nos no sepulcro dos medos e amarguras, bloqueando o caminho para a alegria e a esperança. São «maciços da morte»; e encontramo-los, ao longo do caminho, em todas as experiências e situações que nos roubam o entusiasmo e a força para avançar: nos sofrimentos que nos afetam e na morte de pessoas queridas, que deixam em nós vazios incuráveis; encontramo-los nos fracassos e medos que nos impedem de fazer as coisas boas que temos no coração; encontramo-los em todos os isolamentos que abrandam os nossos impulsos de generosidade, não permitindo abrir-nos ao amor; encontramo-los nos muros de borracha do egoísmo – são verdadeiramente muros de borracha – egoísmo e indiferença, que impedem o compromisso de construir cidades e sociedades mais justas e à medida do homem; encontramo-los em todos os anseios de paz sufocados pela crueldade do ódio e pela ferocidade da guerra. Quando se experimentam estas desilusões, apodera-se de nós a sensação de que muitos sonhos acabarão por ser desfeitos, perguntando-nos, angustiados, a nós mesmos: quem nos rolará a pedra do sepulcro?

E, contudo, essas mesmas mulheres que tinham a escuridão no coração dão-nos testemunho de algo extraordinário: erguendo os olhos, viram que a pedra já tinha sido rolada, embora fosse muito grande. Aqui está a Páscoa de Cristo, aqui está a força de Deus: a vitória da vida sobre a morte, o triunfo da luz sobre as trevas, o renascimento da esperança por entre os escombros do fracasso. Foi o Senhor, o Deus do impossível, que, para sempre, rolou a pedra para o lado e começou a abrir os nossos corações, a fim de não acabar a esperança. Por isso devemos também nós elevar os olhos para Ele.

Então – segundo momento –, levantamos o olhar para Jesus: depois de ter assumido a nossa humanidade, Ele desceu aos abismos da morte e atravessou-os com a força da sua vida divina, descerrando uma friesta infinita de luz para cada um de nós. Ressuscitado pelo Pai na sua carne, na nossa carne, com a força do Espírito Santo abriu uma nova página para o género humano. A partir de então, se deixarmos Jesus tomar-nos pela mão, nenhuma experiência de fracasso e sofrimento, por mais que nos doa, poderá ter a última palavra sobre o sentido e o destino da nossa vida. A partir de então, se nos deixarmos agarrar pelo Ressuscitado, nenhuma derrota, nenhum sofrimento, nenhuma morte poderá deter o nosso caminho rumo à plenitude da vida. A partir de então, «nós, cristãos, digamos que esta história (...) tem sentido, um sentido que tudo abrange, um sentido que já não está contaminado pelo absurdo e a obscuridade (...), um sentido que chamamos Deus (...). Para Ele, confluem todas as águas da nossa transformação; estas não afundam nos abismos do nada e do absurdo (...), porque o seu sepulcro está vazio e Ele, que estava morto, manifestou-Se como o vivente» (K. Rahner, O que é a ressurreição? Meditações sobre a Sexta-Feira Santa e sobre a Páscoa, Brescia 2005, 33-35).

Irmãos e irmãs, Jesus é a nossa Páscoa, Ele é aquele que nos faz passar das trevas para a luz, que Se uniu a nós para sempre e nos salva dos abismos do pecado e da morte, arrastando-nos no ímpeto luminoso do perdão e da vida eterna. Irmãos e irmãs, levantemos o olhar para Ele, acolhamos Jesus, Deus da vida, nas nossas vidas, renovemos-Lhe hoje o nosso «sim» e nenhum maciço poderá sufocar-nos o coração, nenhum sepulcro poderá encerrar a alegria de viver, nenhum fracasso será capaz de nos lançar no desespero. Irmãos e irmãs, levantemos o olhar para Ele e peçamos-Lhe que a força da sua ressurreição role para o lado as pedras que nos oprimem a alma. Levantemos o olhar para Ele, o Ressuscitado, e caminhemos na certeza de que, no fundo obscuro das nossas expetativas e das nossas mortes, já está presente a vida eterna que Ele veio trazer.

Irmã, irmão, que o teu coração possa explodir de júbilo nesta noite, nesta noite santa! Juntos, cantemos a ressurreição de Jesus: «Cantai-O, cantai-O todos, rios e planícies, desertos e montanhas (...), cantai o Senhor da vida que surge do túmulo, mais brilhante que mil sóis. Povos dilacerados pelo mal e atingidos pela injustiça, povos sem lugar, povos mártires, afastai nesta noite os cantores do desespero. O Homem das Dores já não está em cativeiro: abriu uma brecha no muro; apressa-Se a vir ter convosco. Nasça nas trevas o grito inesperado: está vivo, ressuscitou! E vós, irmãos e irmãs, pequenos e grandes (...), vós que estais imersos na fadiga de viver, vós que vos sentis indignos de cantar (...), oxalá uma nova chama atravesse o vosso coração, um frescor novo permeie a vossa voz. É a Páscoa do Senhor, irmãos e irmãs, é a festa dos viventes» (J-Y. Quellec, Deus voltado para norte, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-PO.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

Niewiasty idą do grobu o pierwszym brzasku świtu, ale w swoim wnętrzu zachowują mroki nocy. Chociaż są w drodze, nadal stoją w miejscu: ich serce pozostało u stóp krzyża. Przyćmione łzami Wielkiego Piątku, są sparaliżowane cierpieniem, są zamknięte w poczuciu, że wszystko się skończyło, że sprawa Jezusa została przywalona kamieniem. I właśnie ten kamień znajduje się w centrum ich myśli. Zatem, zadają sobie pytanie: „Kto nam odsunie kamień z wejścia do grobu?” (Mk 16, 3). Kiedy jednak docierają na miejsce, wstrząsa nimi zadziwiająca moc Paschy: „Gdy jednak spojrzały – mówi tekst – zauważyły, że kamień został już odsunięty, a był bardzo duży” (Mk 16, 4).

Zatrzymajmy się, drodzy bracia i siostry, na tych dwóch momentach, które prowadzą nas do niesłychanej radości Wielkiej Nocy: w pierwszym momencie, niewiasty z niepokojem zadają sobie pytanie, kto odsunie kamień; potem, w drugim momencie, gdy jednak spojrzały, zauważyły, że został on już odsunięty.

Najpierw – to pierwszy moment – pojawia się pytanie, które dręczy ich serca złamane bólem: kto odsunie kamień od grobu? Ten kamień wyrażał koniec historii Jezusa, pogrzebanej w nocy śmierci. On, Życie, które przyszło na świat, został zabity; Ten, który ukazał miłosierną miłość Ojca, nie doznał litości; On, który uwolnił grzeszników od ciężaru potępienia, został skazany na krzyż. Książę Pokoju, który wybawił cudzołożnicę od gwałtownej furii kamieni, leży pochowany za wielkim kamieniem. Ten kamień, będąc przeszkodą nie do pokonania, był symbolem tego, co niewiasty nosiły w swoich sercach, kresu ich nadziei: wszystko o niego się rozbiło, z mroczną tajemnicą tragicznego bólu, który uniemożliwił spełnienie ich marzeń.

Bracia i siostry, nam też może się to przydarzyć. Czasami czujemy, że wejście do naszego serca jest obciążone nagrobnym kamieniem, który tłumi życie, gasząc ufność, więżąc nas w grobowcu lęków i goryczy, blokując drogę do radości i nadziei. Są to „głazy śmierci”, które napotykamy na swojej drodze we wszystkich tych doświadczeniach i sytuacjach, które okradają nas z entuzjazmu i siły, by iść dalej: w dotykających nas cierpieniach i w śmierci drogich nam osób, które pozostawiają w nas przytłaczającą pustkę; napotykamy je w niepowodzeniach i lękach, które uniemożliwiają nam pełnienie wszelkiego dobra, jakie jest nam drogie; napotykamy je we wszystkich zamknięciach, które hamują nasz poryw wielkoduszności i nie pozwalają nam otworzyć się na miłość; napotykamy je w odpychających murach egoizmu – są to prawdziwe mury odpychającego milczenia –, egoizm i obojętność, które niweczą trud budowania bardziej sprawiedliwych miast i społeczeństw, na miarę człowieka; napotykamy je we wszystkich tęsknotach za pokojem, rozbitych przez okrucieństwo nienawiści i brutalność wojny. Kiedy doświadczamy tych rozczarowań, mamy poczucie, że bardzo wiele marzeń jest przeznaczonych do zrujnowania, i my również zadajemy sobie z niepokojem pytanie: kto odsunie kamień z grobu?

Jednak te same niewiasty, które miały ciemność w sercu, świadczą o czymś niezwykłym: gdy jednak spojrzały, zauważyły, że kamień został już odsunięty, a był bardzo duży. Oto Pascha Chrystusa, oto moc Boga: zwycięstwo życia nad śmiercią, triumf światła nad ciemnością, odrodzenie nadziei na gruzach porażki. To Pan, Bóg rzeczy niemożliwych, który na zawsze odsunął kamień, i zaczął otwierać nasze serca, aby nadzieja nie miała końca. Ku Niemu, zatem, i my musimy spojrzeć.

A następnie – to drugi moment – spójrzmy na Jezusa: On, przyjąwszy nasze człowieczeństwo, zstąpił w otchłań śmierci i przeniknął ją mocą swojego Bożego życia, otwierając nieskończony promień światła dla każdego z nas. Wskrzeszony przez Ojca w swoim, w naszym ciele mocą Ducha Świętego, otworzył dla rodzaju ludzkiego nową kartę. Od tej chwili, jeśli pozwolimy Jezusowi, by wziął nas za rękę, żadne doświadczenie porażki i cierpienia, bez względu na to, jak bardzo by nas zraniło, nie może mieć ostatniego słowa odnośnie do sensu i przeznaczenia naszego życia. Od tej chwili, jeśli pozwolimy się porwać Zmartwychwstałemu, żadna porażka, żadne cierpienie, żadna śmierć nie będą mogły powstrzymać naszej drogi ku pełni życia. Od tej chwili „my, chrześcijanie, mówimy, że ta historia (...) ma sens, sens, który obejmuje wszystko, sens, który nie jest już skażony absurdem i ciemnością (...) sens, który nazywamy Bogiem (...) Ku Niemu spływają wszystkie wody naszej przemiany; nie grzęzną w otchłaniach nicości i absurdu (...), ponieważ Jego grób jest pusty, a On, który był martwy, ukazał się jako żyjący” (K. Rahner, Che cos’è la risurrezione? Meditazioni sul Venerdì santo e sulla Pasqua, Brescia 2005, 33-35).

Bracia i siostry, Jezus jest naszą Paschą, On jest Tym, który sprawia, że przechodzimy z ciemności do światła, który związał się z nami na zawsze, i wybawia nas z otchłani grzechu i śmierci, wciągając w świetlisty poryw przebaczenia i życia wiecznego. Bracia i siostry, podnieśmy nasze oczy ku Niemu, przyjmijmy Jezusa, Boga życia, do naszego życia, ponówmy dzisiaj nasze „tak” dla Niego, a żaden głaz nie będzie mógł stłumić naszych serc, żaden grób nie będzie mógł zamknąć radości życia, żadna porażka nie będzie mogła nas skazać na rozpacz. Bracia i siostry, podnieśmy nasze oczy ku Niemu i prośmy Go, aby moc Jego zmartwychwstania odrzuciła głazy, które uciskają nasze dusze. Podnieśmy nasze oczy ku Niemu, Zmartwychwstałemu, i podążajmy w pewności, że w najciemniejszych głębinach naszych oczekiwań i naszej śmierci jest już obecne życie wieczne, które On przyszedł przynieść.

Siostro, bracie, niech w tę noc, tę świętą noc, twoje serce wybuchnie radością! Razem wyśpiewujmy zmartwychwstanie Jezusa: „Śpiewajcie, śpiewajcie wszyscy, rzeki i równiny, pustynie i góry... śpiewajcie Panu życia, który wstaje z grobu, jaśniejszy niż tysiące słońc. Narody połamane złem i biczowane niesprawiedliwością, narody bez miejsca, narody męczenników, odpędźcie w tę noc śpiewaków rozpaczy. Mąż boleści nie jest już w więzieniu: otworzył wyłom w murze, spieszy, by do was przyjść. Niech w ciemnościach rozlegnie się nieoczekiwany krzyk: On żyje, zmartwychwstał! A wy, bracia i siostry, mali i wielcy... wy, którym trudno żyć, wy, którzy czujecie się niegodni, by śpiewać... niech nowy płomień przeszyje wasze serca, nowa świeżość przeniknie wasz głos. To jest Pascha Pana – bracia i siostry – to jest święto żywych” (J-Y. Quellec, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-PL.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua araba

عظة قداسة البابا فرنسيس

في القدّاس الإلهي

عشيّة عيد القيامة المجيدة

30 آذار/مارس 2024

بازيليكا القدّيس بطرس

ذهبت النّساء إلى القبر مع أوّل أضواء الفجر، وفي داخلهنَّ ما زال ظلام الليل مخيِّمًا. كُنَّ سائرات، لكنّهنّ واقفات: بَقِيَت قلوبهنَّ عند أقدام الصّليب. لقد غمرتهن دموع الجمعة العظيمة، وأصابهن الألم بالشّلل، وشَعَرن أنّ كلّ شيء قد انتهى، وأن حجرًا وُضِع على كلّ ما يتصلّ بيسوع. كان الحجر هو مركز تفكيرهنّ. في الواقع، سألنَ أنفسهنَّ: "مَن يُدَحرِجُ لنا الحَجَرَ عن بابِ القَبْر؟" (مرقس 16، 3). لكن عندما وصلنَ إلى المكان، صدمتهنّ قوّة الفصح المفاجِئَة، يقول الإنجيل: "فنَظَرْنَ فرَأَيْنَ أَنَّ الحَجَرَ قَد دُحرِج، وكانَ كَبيرًا جِدًّا" (مرقس 16، 4).

أيّها الإخوة والأخوات، لنتوقّف عند هاتَين اللحظتَين، اللتَين تقوداننا إلى فرح الفصح المدهش: أوّلًا، تساءلت النّساء بألَم من سيُدحرج الحجر، ثمّ، نظرنَ ورأيَنَ أنّه دُحرِجَ من قبل.

أوّلًا، هناك سؤال يتردّد في قلوبهنّ التي حطَّمَها الألم: من يُدحرج لنا الحجر عن القبر؟ كان هذا الحجر نهاية قصّة يسوع، الذي دُفن ليلة موته. هو، الحياة الذي جاء إلى العالم، قُتِل. وهو، الذي أظهر محبّة الآب الرّحيمة، لم يَجِدْ رحمة. وهو، الذي أزال ثقل الحكم عن الخطأة، حُكم عليه بالصّلب. أمير السّلام، الذي حرّر الزّانية من العنف وغضب الحجارة، دُفِن ووُضِع خلف حجر كبير. هذا الحجر، العائق الذي لا يمكن تجاوزه، كان رمزًا لما كُنَّ يحمِلْنَ في قلوبهنَّ، ونهاية رجائهنَّ: تحطّم كلّ شيء على ذلك الحجر، في ظلام السّرّ والمأساة الأليمة التي منعت تحقيق أحلامهنّ.

أيّها الإخوة والأخوات، يمكن لمثل هذا أن يحدث لنا أيضًا. أحيانًا نشعر أنّ حجر القبر الثّقيل وُضع على باب قلبنا، فخنق حياتنا، وأزال ثقتنا، وقيَّدنا في قبر مخاوفنا وحسراتنا، وأعاق طريقنا نحو الفرح والرّجاء. إنّها ”صخور الموت“ التي نلتقي بها، على طول مسيرتنا، وفي كلّ الخبرات والمواقف التي تسلبنا حماسنا وقوّتنا للاستمرار في مسيرتنا: في الآلام التي تحِلّ بنا، وفي موت أحبّائنا، الذي يترك فينا فراغًا عميقًا، وفي فشلنا ومخاوفنا التي تمنعنا من القيام بأعمال الخير التي نريدها، وفي انغلاقاتنا كلّها التي توقف اندفاع سخائنا ولا تسمح لنا بأن نفتح أنفسنا على المحبّة، وفي الجدران المبطَّنة للأنانيّة واللامبالاة، التي ترفض الالتزام ببناء مدن ومجتمعات فيها مزيد من العدل والإنسانيّة، وفي كلّ تَوقٍ إلى السّلام حطَّمته قسوة الكراهية ووحشيّة الحرب. عندما نختبر كلّ خيبات الأمل هذه، نشعر أنّ أحلامًا كثيرة صار مصيرها أن تتحطّم، ونسأل أنفسنا نحن أيضًا بقلق: من يُدحرج لنا الحجر عن القبر؟

مع ذلك، النّساء أنفسهنَّ اللواتي كُنَّ يحمِلنَ ظلام الليل في قلوبهنَّ، شهِدنَ لنا بشيء غير عادي: نظرن فرأين أنّ الحجر قد دُحرج، وكان كبيرًا جدًّا. هذا هو فصح المسيح، وهذه هي قوّة الله: انتصار الحياة على الموت، وانتصار النّور على الظّلام، وولادة الرّجاء من جديد وسط رُكام الفشل. إنّه الرّبّ يسوع، إله المستحيل، الذي دحرج الحجر دائمًا وإلى الأبد، وبدأ بفتح قبورنا، حتّى لا ينتهي الرّجاء. لهذا السّبب، علينا نحن أيضًا أن ننظر إليه.

ثانيًا، لننظر إلى يسوع: فهو، بعد أن اتّخذ إنسانيّتنا، انحدر إلى أعماق الموت واجتازها بقوّة حياته الإلهيّة، وفتح لكلّ واحدٍ منّا نافذة نورٍ لا نهاية له. أقامه الآب من بين الأموات في جسده وفي جسدنا بقوّة الرّوح القدس، وفتح صفحة جديدة للجنس البشريّ. منذ هذه اللحظة، إن تركنا يسوع يأخذ بيدنا، فلن يكون لأيّ خبرة فشل أو ألم، مهما جرحتنا، الكلمة الأخيرة في معنى ومصير حياتنا. منذ هذه اللحظة، إن تركنا القائم من بين الأموات يمسك بنا، لن تستطيع أيّة هزيمة أو أيّ ألم أو أيّ موت أن يوقف مسيرتنا نحو مِلء الحياة. منذ هذه اللحظة "نحن المسيحيّين نقول إنّ هذه القصّة... لها معنى، معنى يشمل كلّ شيء، ولها معنى لا يشوّهه بعد الآن اللامعنى والغموض... لها معنى نسمّيه الله... تتدفّق نحوه مياه حياتنا وتغييرات حياتنا كلّها، ولا تضيع في هاوية اللاشيء واللامعنى.... لأنّ قبره فارغ، وهو، الذي كان ميْتًا أظهر نفسه الحيّ" (كارل رانير، ما هي القيامة؟ تأمّلات في الجمعة العظيمة وفي عيد الفصح، بريشّا 2005، 33-35).

أيّها الإخوة والأخوات، يسوع هو فصحنا، وهو الذي جعلنا نعبر من الظّلمة إلى النّور، والذي ارتبط بنا إلى الأبد وخلّصنا من هاوية الخطيئة والموت، وشدّنا بقوّة المغفرة المُنيرة والحياة الأبديّة. لننظر إليه. لنستقبل يسوع، إله الحياة، في حياتنا، ولنجدّد له اليوم قولنا ”نعم“، ولن تستطيع أيّ صخرةٍ أن تخنق قلبنا، ولن يستطيع أيّ قبرٍ أن يحصر فرحنا بالحياة، ولن يستطيع أيّ فشل أن يربطنا من جديد باليأس. لننظر إليه ولنطلب إليه أن تُدحرج قوّة قيامته من بين الأموات الصّخور التي تُثقل نفوسنا. لننظر إليه، هو القائم من بين الأموات، ولنسر ونحن واثقون أنّ الحياة الأبدية التي جاء بها، إنّما هي حاضرة في ظلام توقّعاتنا وكلّ أنواع الموت التي تحيط بنا.

أيّتها الأخت، وأيّها الأخ، ليفض قلبك بالابتهاج في هذه الليلة، الليلة المقدّسة! لنترنّم معًا بقيامة يسوع من بين الأموات: "رنّمي له أيّتها الأراضي البعيدة، والأنهار والسّهول، والصّحاري والجبال... رنّموا لربّ الحياة الذي أشرق من القبر، وسَطَعَ أكثر من ألف شمس. أيّتها الشّعوب التي حطّمها الشّرّ وضربها الظّلم، والشّعوب التي لا مكان لها، والشّعوب الشّهيدة، أبعدوا في هذه الليلة كلّ المرنّمين لليأس. لم يَعُدْ رجل الآلام في السّجن: لقد فتح ثغرة في الحائط، وهو قادم إليكم بسرعة. لِتُولَد في الظّلمة الصّرخة غير المتوقّعة: إنّه حيّ، لقد قام من بين الأموات! وأنتم، أيّها الإخوة والأخوات، الصّغار والكبار... وأنتم الرازحين تحت ثقل الحياة، وأنتم الذين تشعرون بأنّكم غير مستحقّين لأن ترنّموا... لتخترق قلوبكم شعلة جديدة، ولتملأ أصواتكم نضارة جديدة. إنّه فصح الرّبّ، وهو عيد الأحياء" (J-Y. Quellec, Dieu face nord, Ottignies 1998, 85-86).

[00553-AR.02] [Testo originale: Italiano]

[B0263-XX.02]